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Maggio 20, 2022

Categoria: Imprenditoria

Misure Fiscali Decreto Legge n.23 8 aprile 2020

venerdì, 10 Aprile 2020 da admin
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Proroga scadenza Lipe quarto trimestre 2018 al 10 aprile 2019

venerdì, 10 Maggio 2019 da admin

Proroga al 10 aprile 2019 della scadenza per l’invio delle Lipe, la comunicazione delle liquidazioni IVA trimestrali, riferite al quarto trimestre del 2018. La novità nel decreto che ufficializza il rinvio delle scadenze del 28 febbraio.

Proroga anche per le Lipe del quarto trimestre 2018, con la scadenza del 28 febbraio rinviata in via ufficiale al 10 aprile 2019.

È questa la vera novità contenuta nel testo del DPCM contenente la proroga di spesometro ed esterometro, resa nota soltanto nella giornata di ieri e ad un solo giorno dal termine ordinario di scadenza dell’ultima comunicazione delle liquidazioni IVA trimestrali.

Il decreto, annunciato prima dalla stampa specializzata e poi da un comunicato stampa del MEF pubblicato nella serata del 27 febbraio (per il quale è ancora attesa la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), prevede due novità rispetto a quanto anticipato dai Sottosegretari al MEF Bitonci e Villarosa nelle ultime settimane.

La prima è la proroga del termine per l’invio delle Lipe periodiche al 10 aprile 2019, la seconda è il rinvio al 16 maggio (con maggiorazione dello 0,40% mensile) del versamento IVA per gli e-commerce, per i quali è stata anche prevista un’ulteriore proroga dell’esterometro di marzo ed aprile al 31 maggio 2019.

Proroga scadenza Lipe quarto trimestre 2018 al 10 aprile 2019

È l’articolo 2 del DPCM messo a disposizione nella giornata di ieri, in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, a disporre la proroga della scadenza per l’invio delle Lipe del quarto trimestre 2018.

Il termine fissato in via ordinaria al 28 febbraio 2019 slitta al 10 aprile 2019. Testualmente, il decreto atteso per rendere ufficiale la proroga dello spesometro e dell’esterometro stabilisce quanto segue:

“Le comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche dell’imposta sul valore aggiunto, di cui all’articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, relative al quarto trimestre 2018 sono trasmesse entro il 10 aprile 2019”

Una proroga a sorpresa per contribuenti ed intermediari. Nelle giornate che hanno preceduto la pubblicazione del decreto era stato annunciato che per la comunicazione dei dati delle liquidazioni IVA trimestrali la scadenza non sarebbe stata rinviata.

Conseguenza della tardiva pubblicazione del DPCM e del un comunicato del MEF, accanto alla mancata anticipazione del suo contenuto, è che nella realtà saranno in pochi a beneficiare della proroga della scadenza dal 28 febbraio al 10 aprile.

Un fatto che alimenta il malcontento di imprese e professionisti contro l’operato dell’attuale Esecutivo che, nonostante le dichiarazioni d’intento, prosegue nell’adozione di prassi tutt’altro che rispettose nei confronti dei contribuenti.

Proroga Lipe, spesometro ed esterometro: le nuove scadenze

È utile riepilogare quelle che sono le nuove scadenze da rispettare per l’invio delle Lipe, dello spesometro e dell’esterometro, a seguito della proroga disposta dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e del MEF:

Adempimento Scadenza originaria Scadenza post-proroga
Spesometro secondo semestre 2018 28 febbraio 2019 30 aprile 2019
Esterometro gennaio 2019 28 febbraio 2019 30 aprile 2019
Esterometro febbraio 2019 1° aprile 2019 (il 31 marzo è domenica) 30 aprile 2019
Lipe quarto trimestre 2018 28 febbraio 2019 10 aprile 2019

Il DPCM predisposto su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze è ora atteso per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e, di fatto, l’ufficialità vera e propria della proroga arriverà soltanto post-scadenza.

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Trasmissione corrispettivi: aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo

venerdì, 10 Maggio 2019 da admin

Trasmissione telematica corrispettivi, obbligo di aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo 2019. A darne notizia è l’avviso pubblicato dall’Agenzia delle Entrate il 13 febbraio.

Trasmissione telematica corrispettivi con obbligo di aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo 2019.

A darne notizia è l’Agenzia delle Entrate che con l’avviso pubblicato il 13 febbraio sul portale dedicato alla fatturazione elettronica e ai corrispettivi telematici fornisce le istruzioni sull’aggiornamento per registratori telematici, server RT e distributori mobili certificati per i distributori automatici.

Entro il 31 marzo 2019 sarà necessario rinnovare la Certification Authorityper garantire la sicurezza della connessione TLS con il server di produzione.

Nel caso di mancato aggiornamento della configurazione non sarà possibile effettuare connessioni al sistema dei corrispettivi attraverso le interfacce applicative (api rest).

Trasmissione corrispettivi: aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo

L’obbligo di aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo 2019 riguarderà tutti i dispositivi che colloquiano con il sistema dei corrispettivi telematici dell’Agenzia delle Entrate e tutti i sistemi proprietari che utilizzano le interfacce applicative gestionali.

Registratori telematici, server RT o dispositivi mobili certificati per i distributori automatici e gli altri sistemi idonei alla trasmissione telematica dei corrispettivi dovranno essere aggiornati con la nuova CA (Certification Authority) utilizzata dal sistema per garantire la sicurezza della connessione TLS con il server di produzione.

Come comunicato dall’Agenzia delle Entrate con l’avviso del 13 febbraio, la CA rinnovata per la connessione sicura è la “CA Entrate”.

Quindi per garantire la continuità del servizio al momento della sostituzione del certificato server è necessario configurare il file “CAAgenziadelleEntrate.cer” insieme al vecchio file “CAEntrate.cer”, aggiungendolo nel truststore del sistema (e.g. application server, webserver, ecc.) che effettua la chiamata all’interfaccia applicativa (api rest) di interesse.

Trasmissione telematica corrispettivi: le istruzioni per l’aggiornamento

L’aggiornamento della configurazione con la nuova CA dovrà essere eseguita sia sui sistemi che si interfacciano con i servizi dispositivi dell’Allegato Api REST Dispositivi, sia sui sistemi proprietari che si interfacciano con i servizi gestionali dell’Allegato Api REST Gestionali.

Per scaricare il file necessario per la sostituzione del certificato “CAAgenziadelleEntrate.cer” bisognerà seguire le seguenti istruzioni:

  1. accedere al sito web Fatture&Corrispettivi;
  2. accedere alla sezione dedicata ai certificati;
  3. scaricare la nuova versione del file “CAServizioAECorrispettiviIVA.zip” recuperare, fra i file presenti, quello di interesse “CAAgenziadelleEntrate.cer”;
  4. configurare il certificato nel truststore del sistema (e.g. application server, webserver, ecc.) che effettua la chiamata all’interfaccia applicativa (api rest) di interesse, senza eliminare quello vecchio “CAEntrate.cer”.

Il mancato aggiornamento della configurazione descritta entro il 31 marzo 2019 comporterà l’impossibilità di effettuare connessioni al sistema dei corrispettivi attraverso le interfacce applicative.

Si allega di seguito il comunicato dell’Agenzia delle Entrate sul rinnovo della CA:

PDF - 282.7 Kb

Agenzia delle Entrate – comunicato del 13 febbraio 2019Sistema dei corrispettivi – Rinnovo della CA per la connessione TLS con il server di produzione

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Imprese individuali, 2 su 5 chiudono nei primi 5 anni

venerdì, 10 Maggio 2019 da admin

Imprese individuali con alto tasso di chiusura nei primi 5 anni di attività. Solo 3 su 5 sopravvivono e sono pochi quelli che riaprono la saracinesca e si rimettono in campo dopo il fallimento. La fotografia di Unioncamere.

Imprese individuali, alto tasso di chiusura nei primi anni dalla nascita di nuove attività: sono solo tre su cinque quelle che sopravvivono e sono pochi quelli che dopo il fallimento riaprono saracinesca.

L’amara fotografia viene fornita da Unioncamere sulla base dei dati di apertura e chiusura di imprese individuali nel periodo compreso tra il 2014 e il 2018.

Di 235.985 imprese individuali nate nel 2014 sono state 88.184 quelle cessate entro il 30 giugno 2018 e, di queste, 48.377 entro il 2015. Ma sono molte le iniziative imprenditoriali che non superano il primo anno di età, solo nel 2014 sono nate e morte 20.538 imprese.

Difficile poi che dopo un fallimento si decide di rimettersi in gioco e soltanto il 5% di chi non ce la fa a sopravvivere ai primi anni di avvio dell’attività decide di rimettersi in gioco rialzando la saracinesca.

A dispetto delle aspettative è il Sud a mostrarsi più resiliente e la Basilicata è la regione dove si registra il minor tasso di chiusure di imprese individuali nei primi cinque anni di attività. Al Nord, invece, i più caparbi che ritentano la carta dell’imprenditorialità.

Imprese individuali: solo 3 su 5 superano i 5 anni di vita La metà delle chiusure a due anni dalla nascita

È il turismo il settore dove si registra il più alto tasso di chiusure di imprese individuali nei primi anni dalla nascita. Il 43% delle imprese chiude entro i primi anni. A seguire c’è il settore dei servizi alla persona (40,1%) e dell’assicurazione e credito (39,6%).

Nonostante il fenomeno fotografato da Unioncamere sia comune sia al Nord che al Sud, emerge che le imprese individuali più resilienti sono quelle del Meridione.

Sono quelle lucane le più resilienti (30,5% non supera il primo quinquennio), seguite dalle sarde (30,7%) e dalle trentine (31,3%). Al contrario, il tasso di chiusura più elevato si registra al Nord: in testa vi è l’Emilia Romagna (40% di chiusure), seguita da Toscana (39,9%) e Piemonte(39,5%).

Diversa è tuttavia la reazione in caso di chiusura: sono al Nord gli imprenditori pià temerari che puntano sulla carte dell’imprenditorialità

Al nord gli imprenditori più temerari

Interessante è uno degli aspetti sottolineato da Unioncamere: la percentuale inferiore di chiusure al Sud e nelle Isole potrebbe essere motivata dal fatto che è in questi territori che la via dell’impresa e del lavoro autonomo rappresenta spesso l’unica prospettiva lavorativa.

Fare impresa diventa quindi per molti l’unica possibilità di guadagno per chi vive al Sud e, in caso di chiusura, è difficile che ci si rimetta in proprio.

Viceversa nelle regioni del Centro-Nord emerge una maggiore propensione a ritentare la carta dell’imprenditorialità: i più audaci sono i titolari della Valle D’Aosta (9,8%), Lombardia (8,2%) e Veneto (7,1%).

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Obbligo fattura elettronica e soci cooperative agricole: i chiarimenti AdE

venerdì, 10 Maggio 2019 da admin

Obbligo fattura elettronica e soci cooperative agricole: nella consulenza giuridica numero 10 del 2019 i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sulla numerazione e sulle modalità di comunicazione rispetto all’emissione del documento fiscale.

Obbligo fattura elettronica e soci cooperative agricole: l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sul sistema di numerazione dei documenti emessi per ogni produttore e sulle modalità di comunicazione rispetto all’emissione del documento fiscale nella consulenza giuridica numero 10 del 18 marzo 2019.

Lo spunto per fare luce sulla questione arriva da una cooperativa agricola, che richiede chiarimenti sull’emissione delle fatture elettroniche per conto dei produttori agricoli soci. In particolare richiama l’attenzione su due punti:

  • il sistema da adottare per rispettare la progressività di emissione del documento;
  • la possibilità per il cedente di ricevere la fattura emessa per suo contonell’area riservata e per l’acquirente-emittente di comunicarglielo senza utilizzare il Sistema di Interscambio.
PDF - 408.5 Kb

Agenzia delle Entrate – Consulenza giuridica numero 10 del 18 marzo 2019Consulenza giuridica – Associazione/Ordine – Articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.

Obbligo fattura elettronica e soci cooperative agricole: come numerare e comunicare l’emissione

L’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti e istruzioni da seguire sui punti evidenziati dalla cooperativa agricola con la consulenza giuridica numero 10 del 18 marzo 2019.

Una numerazione progressiva diversa per i singoli soci per rispettare la progressività delle fatture e la possibilità di inviare una mail con allegato copia del file XML e relativa ricevuta di avvenuta consegna per le comunicazioni ai produttori agricoli è in estrema sintesi la risposta fornita alla cooperativa agricola.

Nell’argomentare la risposta, l’Agenzia delle Entrate parte dalle origini, dall’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo numero 127 del 2015, che stabilisce l’obbligo di fattura elettronica dal 1° gennaio 2019.

E ribadisce che l’innovazione tecnologica non cambia l’impianto del sistema di fatturazione: i vari interventi normativi non hanno modificato le previsioni del decreto IVA (o di altri provvedimenti) che dettano le regole relative alla certificazione delle operazioni. E questo vale anche anche nel caso delle cooperative agricole.

Obbligo fattura elettronica e soci cooperative agricole: le istruzioni da seguire

Il riferimento chiave sul tema è l’articolo 34 del decreto IVA, Regime speciale per i produttori agricoli.

Il comma 7 stabilisce:

“I passaggi dei prodotti di cui al comma 1 [«prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte dell’allegata tabella A) effettuate dai produttori agricoli», ndr.] agli enti, alle cooperative o agli altri organismi associativi indicati al comma 2, lettera c), ai fini della vendita, anche previa manipolazione o trasformazione, si considerano effettuati all’atto del versamento del prezzo ai produttori agricoli soci o associati. L’obbligo di emissione della fattura può essere adempiuto dagli enti stessi per conto dei produttori agricoli conferenti; in tal caso a questi è consegnato un esemplare della fattura ai fini dei successivi adempimenti prescritti nel presente titolo”.

Come sottolinea l’Agenzia delle Entrate, le indicazioni da seguire nel caso in cui le operazioni rientrino nel caso indicato dall’articolo 34, comma 7, sono state già fornite più volte: nella pagina dedicata alle FAQ sulla fattura elettronica e nella risposta all’interpello numero 30 del 2019, in cui si chiarisce proprio quale sistema di numerazione adottare.

Il documento del 18 marzo 2019, infatti, ribadisce che:

La società cooperativa agricola di conferimento può emettere la fattura per ogni singolo socio utilizzando una distinta numerazione per ciascun conferente (es. 1/Cop__, 2/Cop__, ecc). In tal modo, le fatture emesse dalla cooperativa per conto del socio risulteranno progressive con riferimento al singolo socio, e saranno distinte da tutte le altre fatture emesse dal socio stesso ad altri clienti, che seguiranno una numerazione progressiva diversa (ad esempio per gli altri clienti il socio numererà le fatture con 1, 2, 3, ecc.).


E inoltre fornisce le istruzioni operative:
Nel caso di emissione della fattura da parte del cessionario/committente (nel caso di specie, la società cooperativa) per conto del socio occorre valorizzare i blocchi “Terzo intermediario o Soggetto emittente” e “Soggetto emittente”, inserendo i dati della cooperativa e indicando che l’emittente è il “Cessionario/committente”.
Sulle modalità di comunicazione al produttore agricolo socio rispetto all’emissione della fattura elettronica per suo conto, la consulenza giuridica chiarisce che nel predisporre la fattura elettronica la cooperativa può inserire il proprio indirizzo telematico (per esempio il proprio indirizzo PEC o il proprio codice destinatario) come indirizzo del destinatario della fattura.
In questo caso perché il socio abbia un esemplare della fattura, la cooperativa deve comunicare al produttore agricolo socio di averla emessa:
deve trasmettergli (tramite email o altro strumento ritenuto utile) duplicato del file XML della fattura elettronica o copia in formato PDF della fattura (eventualmente con la relativa ricevuta di avvenuta consegna pervenuta dal SdI), ricordando al socio che può consultare o scaricare la fattura elettronica anche nella propria area riservata del portale Fatture e Corrispettivi.
Pubblico

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REI o reddito di cittadinanza, quale conviene? Le valutazioni da fare entro il 28 febbraio

venerdì, 10 Maggio 2019 da admin

REI o reddito di cittadinanza? La domanda per reddito di inclusione potrà essere presentata entro la scadenza del 28 febbraio 2019 e sono in tanti a chiedersi se conviene il passaggio al RdC o meno. Tra le valutazioni vi sono i requisiti e gli obblighi previsti.

Sarà una vera e propria staffetta quella tra carta REI e reddito di cittadinanza. Per il reddito di inclusione si potrà fare domanda entro il 28 febbraio 2019 mentre per il RdC il tutto dovrebbe partire dal 6 marzo.

Per chi già percepisce il reddito di inclusione la domanda del momento è: conviene passare al reddito di cittadinanza o meno? Una valutazione complessiva è necessaria per capire cosa cambia in merito a requisiti ed obblighi.

A fornire alcune importanti indicazioni in merito è stato l’INPS, con un post pubblicato sulla pagina Facebook dedicata alle prestazioni sociali in favore delle famiglie.

Per i titolari di Carta REI il passaggio al reddito di cittadinanza non sarà automatico e anche chi già oggi percepisce il reddito di inclusione dovrà presentare obbligatoriamente domanda a partire dal 6 marzo.

Non ci sarà fretta, perché il REI verrà erogato fino alla data di naturale scadenza ed in base ai mesi di erogazione riconosciuti.

Quale delle due prestazioni conviene? Facciamo un confronto dei requisiti previsti e delle condizionalità delle due forme di sostegno alla povertà ad oggi vigenti.

REI o reddito di cittadinanza, quale conviene? Le valutazioni da fare entro il 28 febbraio

È fissata al 28 febbraio 2019 la scadenza per poter presentare domanda di REI e beneficiare del reddito di inclusione per le mensilità riconosciute dall’INPS.

Chi già oggi percepisce il beneficio e chi ne farà richiesta entro tale data continuerà a beneficiare dell’importo riconosciuto anche a seguito dell’entrata in vigore ufficiale del reddito di cittadinanza e fino alla naturale scadenza. Il passaggio al reddito di cittadinanza non sarà automatico e soprattutto non sarà immediato.

Le strade possibili sono due: continuare a percepire il REI o fare subito domanda per il reddito di cittadinanza, a partire dal 6 marzo 2019 così come previsto per la generalità dei contribuenti.

La domanda che i percettori del reddito di inclusione si pongono è se e a chi conviene passare al reddito di cittadinanza. Tra le due prestazioni sociali, ambedue finalizzate al contrasto alla povertà e all’inclusione lavorativa, vi sono notevoli differenze, a partire dai requisiti necessari e dagli obblighi previsti.

Requisiti per la carta REI, tra ISEE e obblighi

Per fare domanda di reddito di inclusione è necessario che il dichiarante e il proprio nucleo familiare non superi il limite di ISEE fissato a 6.000 euro, ma non solo.

È necessario essere cittadino italiano, o straniero in possesso di permesso di soggiorno UE di lungo periodo, e risiedere in Italia in via continuativa da almeno due anni.

Oltre all’ISEE, tra i parametri valutati per il riconoscimento della carta REI vi è l’ISRE, non superiore a 3.000 euro, nonché il valore del patrimonio immobiliare (non superiore a 20.000 euro) e del patrimonio mobiliare (non superiore a euro 6.000, accresciuta di euro 2.000 per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di euro 10.000).

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Bonus Sud 2019, decreto ANPAL: incentivi solo per le assunzioni dal 1° maggio

venerdì, 10 Maggio 2019 da admin

Bonus Sud solo per le assunzioni effettuate dal 1° maggio al 31 dicembre 2019: è il decreto ANPAL che sblocca l’incentivo ad annunciare la brutta sorpresa per i datori di lavoro. Nessuno sgravio per i contratti stipulati dal 1° gennaio al 30 aprile.

Bonus Sud solo per le assunzionieffettuate dal 1° maggio al 31 dicembre 2019.

Destinatari dell’incentivo per favorire l’occupazione sono i datori di lavoro privati che effettuano nuove assunzioni nel periodo compreso tra il 1° maggio 2019 al 31 dicembre 2019 di soggetti disoccupati con le seguenti caratteristiche:

  • di età compresa tra i 16 anni e 34 anni di età;
  • con 35 anni di età e oltre, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, ai sensi del Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 17 ottobre 2017.

I lavoratori assunti non devono aver avuto un rapporto di lavoro con il medesimo datore di lavoro nei sei mesi che precedono la nuova assunzione.

Bonus Sud solo per le assunzionieffettuate dal 1° maggio al 31 dicembre 2019.

La pubblicazione dell’atteso decreto ANPAL riserva una brutta sorpresa ai tanti datori di lavoro che hanno effettuato nuove assunzioni dal 1° gennaio al 30 aprile: non spetta, per questi contratti, l’incentivo per favorire l’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno d’Italia.

Il bonus disciplinato dal decreto ANPAL n. 178 del 19 aprile 2019 è l’Incentivo Occupazione Sviluppo Sud, introdotto dalla Legge di Bilancio 2019 per l’anno in corso e per il 2020.

Lo sgravio contributivo fino ad 8.060 euro annui è riconosciuto in favore delle imprese che assumono con contratto a tempo indeterminato giovaniche non abbiano compiuto 35 anni d’età, ovvero soggetti disoccupati di almeno 35 anni privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.

Al decreto ANPAL dovrà seguire la circolare INPS con le regole operative per la fruizione del bonus. Per il momento, salvo ulteriori sviluppi, l’incentivo per favorire le nuove assunzioni nelle Regioni del Sud non si applica ai datori di lavoro che hanno stipulato nuovi contratti dal 1° gennaio alla fine di aprile.

Bonus Sud 2019, ecco il decreto ANPAL n. 178 del 19 aprile

È l’articolo 2 del decreto ANPAL n. 178 del 19 aprile 2019 a stabilire i requisitiper l’accesso al bonus Sud.

Destinatari dell’incentivo per favorire l’occupazione sono i datori di lavoro privati che effettuano nuove assunzioni nel periodo compreso tra il 1° maggio 2019 al 31 dicembre 2019 di soggetti disoccupati con le seguenti caratteristiche:

  • di età compresa tra i 16 anni e 34 anni di età;
  • con 35 anni di età e oltre, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, ai sensi del Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 17 ottobre 2017.

I lavoratori assunti non devono aver avuto un rapporto di lavoro con il medesimo datore di lavoro nei sei mesi che precedono la nuova assunzione.

Bonus Sud, sgravio di 12 mesi e fino ad 8.060 euro

Bonus Sud solo per i contratti dal 1° maggio al 31 dicembre 2019

Per poter beneficiare del bonus Sud, i datori di lavoro dovranno stipulare nei confronti dei lavoratori in possesso dei requisiti di cui sopra le seguenti tipologie di contratto:

  • contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione;
  • contratto di apprendistato professionalizzante.

L’incentivo spetta anche nel caso di contratto di lavoro part-time, così come in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un contratto a tempo determinato. Rientra nel perimetro dei rapporti incentivati anche l’assunzione del socio lavoro di cooperativa, mentre sono esplicitamente escluse le assunzioni con contratto di lavoro domestico, occasionale ed intermittente.

Il decreto ANPAL tuttavia fissa un limite importante e soprattutto inatteso: l’incentivo parte dalle assunzioni effettuate dal 1° maggio in poi. L’esclusione dalla possibilità di beneficiare dello sgravio di tutti i contratti stipulati dal 1° gennaio al 30 aprile 2019 ha lasciato a dir poco sorpresi imprese ed intermediari.

Oltre al danno di aver dovuto attendere mesi prima che l’incentivo fosse sbloccato, anche la beffa.

La ragione di una limitazione così penalizzante e che appare immotivata non si trova neppure nella norma citata tra i riferimenti normativi contenuti nel decreto direttoriale dell’ANPAL, ovvero l’articolo 1, comma 247 della Legge n. 145 del 30 dicembre 2018 (Legge di Bilancio 2019), che ha sostanzialmente prorogato il bonus Sud già introdotto dalla precedente Manovra, stanziando un importo pari a 500 milioni per 2019 e 2020.

Bonus Sud, sgravio di 12 mesi e fino ad 8.060 euro

Lo sgravio contributivo di 12 mesi spetta qualora la sede di lavoro per la quale viene effettuata l’assunzione sia ubicata nelle Regioni “meno sviluppate” (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) o nelle Regioni “in transizione” (Abruzzo, Molise e Sardegna).

Non conta la residenza del lavoratore mentre, specifica il decreto ANPAL, nel caso di spostamento della sede di lavoro fuori da una delle Regioni di cui sopra, lo sgravio contributivo non spetta a partire dal mese di paga successivo a quello di trasferimento.

In merito all’importo dell’incentivo, lo sgravio riconosciuto ai datori di lavoroè pari alla contribuzione previdenziale a proprio carico, con esclusione di premi e contributi dovuti all’INAIL, per un periodo di 12 mesi a partire dalla data di assunzione, nel limite massimo di 8.060 euro su base annua, per lavoratore assunto, riparametrato e applicato su base mensile.

In caso di lavoro a tempo parziale il massimale è proporzionalmente ridotto e l’incentivo deve essere fruito, a pena di decadenza, entro il termine del 28 febbraio 2021.

Bonus Sud solo per i contratti dal 1° maggio al 31 dicembre 2019

Per poter beneficiare del bonus Sud, i datori di lavoro dovranno stipulare nei confronti dei lavoratori in possesso dei requisiti di cui sopra le seguenti tipologie di contratto:

  • contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione;
  • contratto di apprendistato professionalizzante.

L’incentivo spetta anche nel caso di contratto di lavoro part-time, così come in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un contratto a tempo determinato. Rientra nel perimetro dei rapporti incentivati anche l’assunzione del socio lavoro di cooperativa, mentre sono esplicitamente escluse le assunzioni con contratto di lavoro domestico, occasionale ed intermittente.

Il decreto ANPAL tuttavia fissa un limite importante e soprattutto inatteso: l’incentivo parte dalle assunzioni effettuate dal 1° maggio in poi. L’esclusione dalla possibilità di beneficiare dello sgravio di tutti i contratti stipulati dal 1° gennaio al 30 aprile 2019 ha lasciato a dir poco sorpresi imprese ed intermediari.

Oltre al danno di aver dovuto attendere mesi prima che l’incentivo fosse sbloccato, anche la beffa.

La ragione di una limitazione così penalizzante e che appare immotivata non si trova neppure nella norma citata tra i riferimenti normativi contenuti nel decreto direttoriale dell’ANPAL, ovvero l’articolo 1, comma 247 della Legge n. 145 del 30 dicembre 2018 (Legge di Bilancio 2019), che ha sostanzialmente prorogato il bonus Sud già introdotto dalla precedente Manovra, stanziando un importo pari a 500 milioni per 2019 e 2020.

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Regime forfettario, escluso il commercialista con quote di controllo in SRL di revisione

venerdì, 10 Maggio 2019 da admin

Regime forfettario con esclusione per il commercialista che detiene quote di controllo in una SRL che si occupa di revisione e certificazione di bilanci. I chiarimenti nella risposta all’interpello n. 108 del 16 aprile 2019.

È escluso dal regime forfettario il commercialista che detiene una quota pari al 50% in una SRL che svolge attività di revisione e certificazione di bilanci.

In tal caso opera la causa di esclusione introdotta dalla Legge di Bilancio 2019 perché, sebbene le due attività abbiano codici ATECO differenti, sono di fatto tra loro riconducibili ed appartengono alla medesima sezione.

A fornire chiarimenti è l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 108 del 16 aprile 2019, a seguito del quesito posto da un dottore commercialista con ricavi inferiori a 65.000 euro ma che, contemporaneamente, è proprietario di una quota pari al 50%, del capitale sociale di una SRL che svolge attività di revisione e certificazione di bilanciiscritta all’apposito registro tenuto dal MEF.

La permanenza nel regime forfettario è garantita per il 2019, ma è necessaria la rimozione delle cause ostative per beneficiarne anche nel 2020.

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Giovani e lavoro: quali opportunità?

venerdì, 07 Dicembre 2018 da admin

Dai fornitori di servizi che favoriscono l’incontro tra domanda e offerta di lavoro agli strumenti che ne agevolano l’inserimento nel mercato del lavoro: quali le opportunità a disposizione per i giovani in cerca del loro primo impiego? 

Per i giovani a caccia del loro primo impiego (ma anche per i lavoratori più “attempati” desiderosi di nuove opportunità), cercare oggi un lavoro è indubbiamente una sfida piuttosto complicata, e non solo per le statistiche non propriamente rosee in arrivo dal mercato del lavoro italiano. Sono infatti sempre più numerose le realtà cui rivolgersi per informazioni, servizi e proposte. 

Centri per l’impiego pubblici – I Centri per l’impiego sono le strutture pubbliche che, per conto delle Regioni, favoriscono sul territorio l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, informando, orientando e dando consulenza gratuita a chi cerca un’occupazione. Svolgono anche attività amministrative come l’iscrizione alle liste di mobilità e agli elenchi e graduatorie delle categorie protette, la registrazione delle assunzioni, le trasformazioni e cessazioni dei rapporti di lavoro presso aziende private ed enti pubblici. Dal 2016 è diventata operativa l’ANPAL, l’Agenzia Nazionale per il Lavoro.

Agenzie per il lavoro private – Le Agenzie per il Lavoro (art. 4 del decreto 276/2003) sono operatori privati (società di persone, di capitali, e cooperative) che devono essere iscritte all’albo informatico del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, previa autorizzazione. Possono così svolgere attività di somministrazione di lavoro di tipo generalista e di tipo specialista, intermediazione, ricerca e selezione di personale, e supporto alla ricollocazione professionale.

Altri operatori pubblici e privati per trovare impiego – I soggetti (di cui all’art. 6 del decreto 276/2003) autorizzati alla sola attività di intermediazione sono: Università pubbliche e private, Istituti di scuola secondaria superiore, Comuni, Camere di Commercio, associazioni dei datori di lavoro e sindacati, enti bilaterali e Patronati, Onlus che hanno come scopo la tutela del lavoro, l’assistenza e la promozione di attività imprenditoriali e la tutela della disabilità, consulenti del lavoro, gestori di siti Internet.

Un panorama variegato che si sta solo lentamente mettendo in rete e che, se da un lato garantisce un bel ventaglio di opportunità, dall’altro può certo intimorire, quando non addirittura confondere, chi è costretto a confrontarcisi per la prima volta. Senza dimenticare poi il ventaglio di iniziative legate al web, tra cui: 

ANPAL – Portale dell’Agenzia Nazionale delle Politiche Attive per il Lavoro, si pone come principale obiettivo l’offerta di servizi volti al coordinamento delle politiche del lavoro a favore di persone in cerca di occupazione e dellla ricollocazione di disoccupati e lavoratori precari; 

ClicLavoro – Portale del Ministero del Lavoro dedicato all’incontro tra domanda e offerta, alle opportunità per cittadini e imprese e all’attualità del mondo del lavoro; 

Eures – Portale europeo della mobilità del lavoro dedicato in particolar modo a quanti sono in cerca di orientamento sul lavoro all’estero, domande e offerte di lavoro, opportunità formative transazionali;

Europass – Sito web che si propone in particolare di offrire ai naviganti strumenti e risorse utili ad accedere a opportunità di formazione e lavoro in Europa (Cv europeo, formazione all’estero, riconoscimento dei titoli di studio). 

Capire dove cercare è importante, ma altrettanto fondamentale è anche conoscere gli strumenti attraverso cui inserirsi nel mercato del lavoro: in questa sezione, troverai quindi tutte le informazioni utili su tirocini formativi, stage, alternanza scuola-lavoro e le altre opportunità pensate per favorire l’incontro tra giovani e occupazione. 

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Iva eCommerce, consultazione online sulla direttiva fino al 15 gennaio

venerdì, 07 Dicembre 2018 da admin

Iva nell’eCommerce: è possibile partecipare alla consultazione online fino al 15 gennaio 2019. Indicazioni e opinioni sull’attuazione della direttiva 2017/2455.

Iva nell’eCommerce: dal 14 dicembre è possibile partecipare alla consultazione sul sito del Dipartimento delle Finanze fino al 15 gennaio 2019. Gli interessati possono dare indicazioni ed esprimere opinioni sulle proposte adottate dalla Commissione UE finalizzate all’attuazione della direttiva 2017/2455 sull’Iva nel commercio elettronico.

Associazioni economico-professionali, professionisti, centri di ricerca, università, ma anche privati cittadini sono invitati a dare il loro contributo sulla nuova disciplina che regola l’eCommerce utilizzando il form online disponibile sul sito del Dipartimento.

Direttiva sull’Iva nell’eCommerce: una consultazione sulle proposte dell’Unione Europea

Con la Direttiva sull’Iva nel commercio elettronico, nello specifico, si estende il campo di applicazione del Mini Sportello Unico, MOSS, a tutti i servizi e alle vendite a distanza intracomunitarie di beni e alle vendite a distanza di beni importati da territori o paesi terzi, trasformandolo in uno Sportello Unico.

Inoltre vengono introdotte disposizioni speciali applicabili ai soggetti passiviche facilitano determinate cessioni effettuate da altri soggetti passivi tramite l’uso di un’interfaccia elettronica.

L’11 dicembre 2018 la Commissione europea ha adottato due proposte per favorire l’implementazione delle modifiche della Direttiva Iva, che si applicheranno a decorrere dal 1° gennaio 2021:

  • Proposta di Direttiva COM(2018) 819 che emenda la Direttiva IVA: prevede norme aggiuntive relative alle interfacce elettroniche che facilitano le cessioni di beni a persone che non sono soggetti passivi nell’UE da parte di soggetti passivi non stabiliti nell’UE e al regime speciale per la dichiarazione e il pagamento dell’Iva all’importazione alternativo all’OSS;
  • Proposta di Regolamento di esecuzione COM (2018) 821 che emenda il Regolamento (UE) 282/2011: contiene le norme di attuazione della Direttiva per quanto riguarda le cessioni di beni o le prestazioni di servizi facilitate da interfacce elettroniche e i regimi speciali per i soggetti passivi che prestano servizi a persone che non sono soggetti passivi, effettuano vendite a distanza di beni e cessioni nazionali di beni.

Su questi due punti, cittadini e addetti ai lavori sono chiamati a intervenire.

Direttiva sull’Iva nell’eCommerce: come partecipare alla consultazione

Chiunque abbia considerazioni o commenti sulle proposte adottate dalla Commissione europea sulla Direttiva Iva può usare il form online, pubblicato sul sito del Dipartimento delle Finanze, e inviare il suo contributo entro il 15 gennaio 2019.

Gli utenti sono divisi in quattro categorie:

  • associazione economico professionale;
  • professionista;
  • centro di Ricerca o Università;
  • privato cittadino.

Dopo aver scelto la categoria di appartenenza, è necessario inserire anche nome, cognome e email all’interno del portale.

Una volta inseriti contatti e riferimenti anagrafici, il form richiede una breve sintesi dell’intervento di massimo 500 caratteri e permette agli utenti di caricare il file con la versione integrale dei suggerimenti sull’attuazione della Direttiva europea sull’Iva eCommerce.

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