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Febbraio 2, 2023

Categoria: Giovani

Misure Fiscali Decreto Legge n.23 8 aprile 2020

venerdì, 10 Aprile 2020 da admin
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  • Pubblicato il Fisco, Giovani, Imprenditoria
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Trasmissione corrispettivi: aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo

venerdì, 10 Maggio 2019 da admin

Trasmissione telematica corrispettivi, obbligo di aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo 2019. A darne notizia è l’avviso pubblicato dall’Agenzia delle Entrate il 13 febbraio.

Trasmissione telematica corrispettivi con obbligo di aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo 2019.

A darne notizia è l’Agenzia delle Entrate che con l’avviso pubblicato il 13 febbraio sul portale dedicato alla fatturazione elettronica e ai corrispettivi telematici fornisce le istruzioni sull’aggiornamento per registratori telematici, server RT e distributori mobili certificati per i distributori automatici.

Entro il 31 marzo 2019 sarà necessario rinnovare la Certification Authorityper garantire la sicurezza della connessione TLS con il server di produzione.

Nel caso di mancato aggiornamento della configurazione non sarà possibile effettuare connessioni al sistema dei corrispettivi attraverso le interfacce applicative (api rest).

Trasmissione corrispettivi: aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo

L’obbligo di aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo 2019 riguarderà tutti i dispositivi che colloquiano con il sistema dei corrispettivi telematici dell’Agenzia delle Entrate e tutti i sistemi proprietari che utilizzano le interfacce applicative gestionali.

Registratori telematici, server RT o dispositivi mobili certificati per i distributori automatici e gli altri sistemi idonei alla trasmissione telematica dei corrispettivi dovranno essere aggiornati con la nuova CA (Certification Authority) utilizzata dal sistema per garantire la sicurezza della connessione TLS con il server di produzione.

Come comunicato dall’Agenzia delle Entrate con l’avviso del 13 febbraio, la CA rinnovata per la connessione sicura è la “CA Entrate”.

Quindi per garantire la continuità del servizio al momento della sostituzione del certificato server è necessario configurare il file “CAAgenziadelleEntrate.cer” insieme al vecchio file “CAEntrate.cer”, aggiungendolo nel truststore del sistema (e.g. application server, webserver, ecc.) che effettua la chiamata all’interfaccia applicativa (api rest) di interesse.

Trasmissione telematica corrispettivi: le istruzioni per l’aggiornamento

L’aggiornamento della configurazione con la nuova CA dovrà essere eseguita sia sui sistemi che si interfacciano con i servizi dispositivi dell’Allegato Api REST Dispositivi, sia sui sistemi proprietari che si interfacciano con i servizi gestionali dell’Allegato Api REST Gestionali.

Per scaricare il file necessario per la sostituzione del certificato “CAAgenziadelleEntrate.cer” bisognerà seguire le seguenti istruzioni:

  1. accedere al sito web Fatture&Corrispettivi;
  2. accedere alla sezione dedicata ai certificati;
  3. scaricare la nuova versione del file “CAServizioAECorrispettiviIVA.zip” recuperare, fra i file presenti, quello di interesse “CAAgenziadelleEntrate.cer”;
  4. configurare il certificato nel truststore del sistema (e.g. application server, webserver, ecc.) che effettua la chiamata all’interfaccia applicativa (api rest) di interesse, senza eliminare quello vecchio “CAEntrate.cer”.

Il mancato aggiornamento della configurazione descritta entro il 31 marzo 2019 comporterà l’impossibilità di effettuare connessioni al sistema dei corrispettivi attraverso le interfacce applicative.

Si allega di seguito il comunicato dell’Agenzia delle Entrate sul rinnovo della CA:

PDF - 282.7 Kb

Agenzia delle Entrate – comunicato del 13 febbraio 2019Sistema dei corrispettivi – Rinnovo della CA per la connessione TLS con il server di produzione

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  • Pubblicato il Fisco, Giovani, Imprenditoria
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Imprese individuali, 2 su 5 chiudono nei primi 5 anni

venerdì, 10 Maggio 2019 da admin

Imprese individuali con alto tasso di chiusura nei primi 5 anni di attività. Solo 3 su 5 sopravvivono e sono pochi quelli che riaprono la saracinesca e si rimettono in campo dopo il fallimento. La fotografia di Unioncamere.

Imprese individuali, alto tasso di chiusura nei primi anni dalla nascita di nuove attività: sono solo tre su cinque quelle che sopravvivono e sono pochi quelli che dopo il fallimento riaprono saracinesca.

L’amara fotografia viene fornita da Unioncamere sulla base dei dati di apertura e chiusura di imprese individuali nel periodo compreso tra il 2014 e il 2018.

Di 235.985 imprese individuali nate nel 2014 sono state 88.184 quelle cessate entro il 30 giugno 2018 e, di queste, 48.377 entro il 2015. Ma sono molte le iniziative imprenditoriali che non superano il primo anno di età, solo nel 2014 sono nate e morte 20.538 imprese.

Difficile poi che dopo un fallimento si decide di rimettersi in gioco e soltanto il 5% di chi non ce la fa a sopravvivere ai primi anni di avvio dell’attività decide di rimettersi in gioco rialzando la saracinesca.

A dispetto delle aspettative è il Sud a mostrarsi più resiliente e la Basilicata è la regione dove si registra il minor tasso di chiusure di imprese individuali nei primi cinque anni di attività. Al Nord, invece, i più caparbi che ritentano la carta dell’imprenditorialità.

Imprese individuali: solo 3 su 5 superano i 5 anni di vita La metà delle chiusure a due anni dalla nascita

È il turismo il settore dove si registra il più alto tasso di chiusure di imprese individuali nei primi anni dalla nascita. Il 43% delle imprese chiude entro i primi anni. A seguire c’è il settore dei servizi alla persona (40,1%) e dell’assicurazione e credito (39,6%).

Nonostante il fenomeno fotografato da Unioncamere sia comune sia al Nord che al Sud, emerge che le imprese individuali più resilienti sono quelle del Meridione.

Sono quelle lucane le più resilienti (30,5% non supera il primo quinquennio), seguite dalle sarde (30,7%) e dalle trentine (31,3%). Al contrario, il tasso di chiusura più elevato si registra al Nord: in testa vi è l’Emilia Romagna (40% di chiusure), seguita da Toscana (39,9%) e Piemonte(39,5%).

Diversa è tuttavia la reazione in caso di chiusura: sono al Nord gli imprenditori pià temerari che puntano sulla carte dell’imprenditorialità

Al nord gli imprenditori più temerari

Interessante è uno degli aspetti sottolineato da Unioncamere: la percentuale inferiore di chiusure al Sud e nelle Isole potrebbe essere motivata dal fatto che è in questi territori che la via dell’impresa e del lavoro autonomo rappresenta spesso l’unica prospettiva lavorativa.

Fare impresa diventa quindi per molti l’unica possibilità di guadagno per chi vive al Sud e, in caso di chiusura, è difficile che ci si rimetta in proprio.

Viceversa nelle regioni del Centro-Nord emerge una maggiore propensione a ritentare la carta dell’imprenditorialità: i più audaci sono i titolari della Valle D’Aosta (9,8%), Lombardia (8,2%) e Veneto (7,1%).

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REI o reddito di cittadinanza, quale conviene? Le valutazioni da fare entro il 28 febbraio

venerdì, 10 Maggio 2019 da admin

REI o reddito di cittadinanza? La domanda per reddito di inclusione potrà essere presentata entro la scadenza del 28 febbraio 2019 e sono in tanti a chiedersi se conviene il passaggio al RdC o meno. Tra le valutazioni vi sono i requisiti e gli obblighi previsti.

Sarà una vera e propria staffetta quella tra carta REI e reddito di cittadinanza. Per il reddito di inclusione si potrà fare domanda entro il 28 febbraio 2019 mentre per il RdC il tutto dovrebbe partire dal 6 marzo.

Per chi già percepisce il reddito di inclusione la domanda del momento è: conviene passare al reddito di cittadinanza o meno? Una valutazione complessiva è necessaria per capire cosa cambia in merito a requisiti ed obblighi.

A fornire alcune importanti indicazioni in merito è stato l’INPS, con un post pubblicato sulla pagina Facebook dedicata alle prestazioni sociali in favore delle famiglie.

Per i titolari di Carta REI il passaggio al reddito di cittadinanza non sarà automatico e anche chi già oggi percepisce il reddito di inclusione dovrà presentare obbligatoriamente domanda a partire dal 6 marzo.

Non ci sarà fretta, perché il REI verrà erogato fino alla data di naturale scadenza ed in base ai mesi di erogazione riconosciuti.

Quale delle due prestazioni conviene? Facciamo un confronto dei requisiti previsti e delle condizionalità delle due forme di sostegno alla povertà ad oggi vigenti.

REI o reddito di cittadinanza, quale conviene? Le valutazioni da fare entro il 28 febbraio

È fissata al 28 febbraio 2019 la scadenza per poter presentare domanda di REI e beneficiare del reddito di inclusione per le mensilità riconosciute dall’INPS.

Chi già oggi percepisce il beneficio e chi ne farà richiesta entro tale data continuerà a beneficiare dell’importo riconosciuto anche a seguito dell’entrata in vigore ufficiale del reddito di cittadinanza e fino alla naturale scadenza. Il passaggio al reddito di cittadinanza non sarà automatico e soprattutto non sarà immediato.

Le strade possibili sono due: continuare a percepire il REI o fare subito domanda per il reddito di cittadinanza, a partire dal 6 marzo 2019 così come previsto per la generalità dei contribuenti.

La domanda che i percettori del reddito di inclusione si pongono è se e a chi conviene passare al reddito di cittadinanza. Tra le due prestazioni sociali, ambedue finalizzate al contrasto alla povertà e all’inclusione lavorativa, vi sono notevoli differenze, a partire dai requisiti necessari e dagli obblighi previsti.

Requisiti per la carta REI, tra ISEE e obblighi

Per fare domanda di reddito di inclusione è necessario che il dichiarante e il proprio nucleo familiare non superi il limite di ISEE fissato a 6.000 euro, ma non solo.

È necessario essere cittadino italiano, o straniero in possesso di permesso di soggiorno UE di lungo periodo, e risiedere in Italia in via continuativa da almeno due anni.

Oltre all’ISEE, tra i parametri valutati per il riconoscimento della carta REI vi è l’ISRE, non superiore a 3.000 euro, nonché il valore del patrimonio immobiliare (non superiore a 20.000 euro) e del patrimonio mobiliare (non superiore a euro 6.000, accresciuta di euro 2.000 per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di euro 10.000).

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Pensioni, quanto costa riscattare la laurea: te lo dice l’Inps

venerdì, 10 Maggio 2019 da admin

È online il servizio Inps che ti svela il costo del riscatto della laurea; qui tutte le informazioni su come utilizzarlo al meglio.

Uno dei provvedimenti più importanti della riforma delle pensioni è stato il riscatto agevolato della laurea con il quale è stato abbassato notevolmente il costo per questa misura.

Rispetto al calcolo ordinario, infatti, con il riscatto agevolato c’è un costo fisso di circa 5.000€ per ogni anno di Università. Calcolare l’importo da pagare con il riscatto della laurea ordinario, invece, può essere più difficoltoso: a tal proposito, al fine di supportare gli utenti nei percorsi di orientamento tra le molteplici opzioni a disposizione, l’Inps ha realizzato un servizio con cui gli interessati possono scoprire qual è l’onere da pagare per il riscatto della laurea.

Un servizio molto utile perché – come anticipato – ci aiuta a farci un’idea di qual è il costo per riscattare la laurea in maniera ordinaria, sistema che generalmente è più conveniente (qui vi spieghiamo il perché) del metodo agevolato.

Pensioni: quanto costa riscattare la laurea

Per andare in pensione prima, aumentare il montante contributivo e incrementare il futuro assegno di pensione, potrebbe essere vantaggioso riscattare i periodi di Università che hanno portato al conseguimento della laurea.

A tal proposito, nell’area privata del sito dell’Inps era già disponibile uno strumento di simulazione del calcolo della laurea per gli utenti iscritti alla Gestione privata che intendessero riscattare un periodo di studi collocato interamente nel sistema contributivo, ovvero se successivo al 1° gennaio 1996.

Ricordiamo che in questo caso per il calcolo del riscatto per ogni anno di Università bisogna moltiplicare l’ultima retribuzione imponibile per l’aliquota IVS 33%; quindi più è bassa la retribuzione percepita dal lavoratore e più basso sarà l’onere da corrispondere. Ecco perché conviene riscattare la laurea il prima possibile, quando la retribuzione percepita è ancora piuttosto bassa.

Calcolare l’onere per il riscatto può risultare piuttosto complicato, ed è per questo che c’è il servizio Inps che facilita il tutto; servizio che adesso – come appena comunicato dall’Inps con il messaggio 1609/2019 – è stato esteso anche agli iscritti alle casse della Gestione pubblica, in direzione di una sempre maggiore integrazione con gli iscritti alla Gestione privata.

Come calcolare l’onere per il riscatto con il servizio Inps

Vediamo quindi come funziona il servizio Inps per il calcolo dell’onere del riscatto. Per trovarlo dovete seguire il seguente percorso:

Sito Inps > “Prestazioni e servizi” > “Tutti i servizi” > “Riscatto Laurea” > “Simulazione calcolo”.

Per utilizzare il servizio bisogna accedere al sito Inps utilizzando il PIN Inps dispositivo, o in alternativa lo SPID (Sistema Pubblico Identità Digitale) o il CNS(Carta Nazionale dei Servizi).

Come anticipato lo strumento di simulazione consente di effettuare il calcolo dell’onere di riscatto sulla base dei dati immessi e con riferimento all’anno corrente.

Prima di andare avanti è bene sottolineare che l’importo ottenuto ha una mera valenza orientativa e potrebbe anche discostarsi da quello effettivo che invece sarà comunicato all’interessato solo dopo la presentazione della domanda di riscatto.

Dopo aver effettuato l’accesso al servizio e aver indicato la gestione previdenziale l’utente dovrà immettere nel calcolatore i seguenti dati:

  • anno di iscrizione all’Università;
  • numero di rate in cui frazionare il pagamento (massimo 120);
  • periodo o periodi da riscattare “dal…al” afferenti lo stesso anno solare.

Inoltre, per poter procedere al calcolo è necessario – ma solo per i periodi universitari che rientrano nel sistema contributivo visto che per il retributivo si utilizza il metodo della riserva matematica – bisogna inserire la retribuzione percepita negli ultimi 12 mesi.

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  • Pubblicato il Giovani, Previdenziale
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Bonus Sud 2019, decreto ANPAL: incentivi solo per le assunzioni dal 1° maggio

venerdì, 10 Maggio 2019 da admin

Bonus Sud solo per le assunzioni effettuate dal 1° maggio al 31 dicembre 2019: è il decreto ANPAL che sblocca l’incentivo ad annunciare la brutta sorpresa per i datori di lavoro. Nessuno sgravio per i contratti stipulati dal 1° gennaio al 30 aprile.

Bonus Sud solo per le assunzionieffettuate dal 1° maggio al 31 dicembre 2019.

Destinatari dell’incentivo per favorire l’occupazione sono i datori di lavoro privati che effettuano nuove assunzioni nel periodo compreso tra il 1° maggio 2019 al 31 dicembre 2019 di soggetti disoccupati con le seguenti caratteristiche:

  • di età compresa tra i 16 anni e 34 anni di età;
  • con 35 anni di età e oltre, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, ai sensi del Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 17 ottobre 2017.

I lavoratori assunti non devono aver avuto un rapporto di lavoro con il medesimo datore di lavoro nei sei mesi che precedono la nuova assunzione.

Bonus Sud solo per le assunzionieffettuate dal 1° maggio al 31 dicembre 2019.

La pubblicazione dell’atteso decreto ANPAL riserva una brutta sorpresa ai tanti datori di lavoro che hanno effettuato nuove assunzioni dal 1° gennaio al 30 aprile: non spetta, per questi contratti, l’incentivo per favorire l’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno d’Italia.

Il bonus disciplinato dal decreto ANPAL n. 178 del 19 aprile 2019 è l’Incentivo Occupazione Sviluppo Sud, introdotto dalla Legge di Bilancio 2019 per l’anno in corso e per il 2020.

Lo sgravio contributivo fino ad 8.060 euro annui è riconosciuto in favore delle imprese che assumono con contratto a tempo indeterminato giovaniche non abbiano compiuto 35 anni d’età, ovvero soggetti disoccupati di almeno 35 anni privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.

Al decreto ANPAL dovrà seguire la circolare INPS con le regole operative per la fruizione del bonus. Per il momento, salvo ulteriori sviluppi, l’incentivo per favorire le nuove assunzioni nelle Regioni del Sud non si applica ai datori di lavoro che hanno stipulato nuovi contratti dal 1° gennaio alla fine di aprile.

Bonus Sud 2019, ecco il decreto ANPAL n. 178 del 19 aprile

È l’articolo 2 del decreto ANPAL n. 178 del 19 aprile 2019 a stabilire i requisitiper l’accesso al bonus Sud.

Destinatari dell’incentivo per favorire l’occupazione sono i datori di lavoro privati che effettuano nuove assunzioni nel periodo compreso tra il 1° maggio 2019 al 31 dicembre 2019 di soggetti disoccupati con le seguenti caratteristiche:

  • di età compresa tra i 16 anni e 34 anni di età;
  • con 35 anni di età e oltre, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, ai sensi del Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 17 ottobre 2017.

I lavoratori assunti non devono aver avuto un rapporto di lavoro con il medesimo datore di lavoro nei sei mesi che precedono la nuova assunzione.

Bonus Sud, sgravio di 12 mesi e fino ad 8.060 euro

Bonus Sud solo per i contratti dal 1° maggio al 31 dicembre 2019

Per poter beneficiare del bonus Sud, i datori di lavoro dovranno stipulare nei confronti dei lavoratori in possesso dei requisiti di cui sopra le seguenti tipologie di contratto:

  • contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione;
  • contratto di apprendistato professionalizzante.

L’incentivo spetta anche nel caso di contratto di lavoro part-time, così come in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un contratto a tempo determinato. Rientra nel perimetro dei rapporti incentivati anche l’assunzione del socio lavoro di cooperativa, mentre sono esplicitamente escluse le assunzioni con contratto di lavoro domestico, occasionale ed intermittente.

Il decreto ANPAL tuttavia fissa un limite importante e soprattutto inatteso: l’incentivo parte dalle assunzioni effettuate dal 1° maggio in poi. L’esclusione dalla possibilità di beneficiare dello sgravio di tutti i contratti stipulati dal 1° gennaio al 30 aprile 2019 ha lasciato a dir poco sorpresi imprese ed intermediari.

Oltre al danno di aver dovuto attendere mesi prima che l’incentivo fosse sbloccato, anche la beffa.

La ragione di una limitazione così penalizzante e che appare immotivata non si trova neppure nella norma citata tra i riferimenti normativi contenuti nel decreto direttoriale dell’ANPAL, ovvero l’articolo 1, comma 247 della Legge n. 145 del 30 dicembre 2018 (Legge di Bilancio 2019), che ha sostanzialmente prorogato il bonus Sud già introdotto dalla precedente Manovra, stanziando un importo pari a 500 milioni per 2019 e 2020.

Bonus Sud, sgravio di 12 mesi e fino ad 8.060 euro

Lo sgravio contributivo di 12 mesi spetta qualora la sede di lavoro per la quale viene effettuata l’assunzione sia ubicata nelle Regioni “meno sviluppate” (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) o nelle Regioni “in transizione” (Abruzzo, Molise e Sardegna).

Non conta la residenza del lavoratore mentre, specifica il decreto ANPAL, nel caso di spostamento della sede di lavoro fuori da una delle Regioni di cui sopra, lo sgravio contributivo non spetta a partire dal mese di paga successivo a quello di trasferimento.

In merito all’importo dell’incentivo, lo sgravio riconosciuto ai datori di lavoroè pari alla contribuzione previdenziale a proprio carico, con esclusione di premi e contributi dovuti all’INAIL, per un periodo di 12 mesi a partire dalla data di assunzione, nel limite massimo di 8.060 euro su base annua, per lavoratore assunto, riparametrato e applicato su base mensile.

In caso di lavoro a tempo parziale il massimale è proporzionalmente ridotto e l’incentivo deve essere fruito, a pena di decadenza, entro il termine del 28 febbraio 2021.

Bonus Sud solo per i contratti dal 1° maggio al 31 dicembre 2019

Per poter beneficiare del bonus Sud, i datori di lavoro dovranno stipulare nei confronti dei lavoratori in possesso dei requisiti di cui sopra le seguenti tipologie di contratto:

  • contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione;
  • contratto di apprendistato professionalizzante.

L’incentivo spetta anche nel caso di contratto di lavoro part-time, così come in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un contratto a tempo determinato. Rientra nel perimetro dei rapporti incentivati anche l’assunzione del socio lavoro di cooperativa, mentre sono esplicitamente escluse le assunzioni con contratto di lavoro domestico, occasionale ed intermittente.

Il decreto ANPAL tuttavia fissa un limite importante e soprattutto inatteso: l’incentivo parte dalle assunzioni effettuate dal 1° maggio in poi. L’esclusione dalla possibilità di beneficiare dello sgravio di tutti i contratti stipulati dal 1° gennaio al 30 aprile 2019 ha lasciato a dir poco sorpresi imprese ed intermediari.

Oltre al danno di aver dovuto attendere mesi prima che l’incentivo fosse sbloccato, anche la beffa.

La ragione di una limitazione così penalizzante e che appare immotivata non si trova neppure nella norma citata tra i riferimenti normativi contenuti nel decreto direttoriale dell’ANPAL, ovvero l’articolo 1, comma 247 della Legge n. 145 del 30 dicembre 2018 (Legge di Bilancio 2019), che ha sostanzialmente prorogato il bonus Sud già introdotto dalla precedente Manovra, stanziando un importo pari a 500 milioni per 2019 e 2020.

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Giovani e lavoro: quali opportunità?

venerdì, 07 Dicembre 2018 da admin

Dai fornitori di servizi che favoriscono l’incontro tra domanda e offerta di lavoro agli strumenti che ne agevolano l’inserimento nel mercato del lavoro: quali le opportunità a disposizione per i giovani in cerca del loro primo impiego? 

Per i giovani a caccia del loro primo impiego (ma anche per i lavoratori più “attempati” desiderosi di nuove opportunità), cercare oggi un lavoro è indubbiamente una sfida piuttosto complicata, e non solo per le statistiche non propriamente rosee in arrivo dal mercato del lavoro italiano. Sono infatti sempre più numerose le realtà cui rivolgersi per informazioni, servizi e proposte. 

Centri per l’impiego pubblici – I Centri per l’impiego sono le strutture pubbliche che, per conto delle Regioni, favoriscono sul territorio l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, informando, orientando e dando consulenza gratuita a chi cerca un’occupazione. Svolgono anche attività amministrative come l’iscrizione alle liste di mobilità e agli elenchi e graduatorie delle categorie protette, la registrazione delle assunzioni, le trasformazioni e cessazioni dei rapporti di lavoro presso aziende private ed enti pubblici. Dal 2016 è diventata operativa l’ANPAL, l’Agenzia Nazionale per il Lavoro.

Agenzie per il lavoro private – Le Agenzie per il Lavoro (art. 4 del decreto 276/2003) sono operatori privati (società di persone, di capitali, e cooperative) che devono essere iscritte all’albo informatico del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, previa autorizzazione. Possono così svolgere attività di somministrazione di lavoro di tipo generalista e di tipo specialista, intermediazione, ricerca e selezione di personale, e supporto alla ricollocazione professionale.

Altri operatori pubblici e privati per trovare impiego – I soggetti (di cui all’art. 6 del decreto 276/2003) autorizzati alla sola attività di intermediazione sono: Università pubbliche e private, Istituti di scuola secondaria superiore, Comuni, Camere di Commercio, associazioni dei datori di lavoro e sindacati, enti bilaterali e Patronati, Onlus che hanno come scopo la tutela del lavoro, l’assistenza e la promozione di attività imprenditoriali e la tutela della disabilità, consulenti del lavoro, gestori di siti Internet.

Un panorama variegato che si sta solo lentamente mettendo in rete e che, se da un lato garantisce un bel ventaglio di opportunità, dall’altro può certo intimorire, quando non addirittura confondere, chi è costretto a confrontarcisi per la prima volta. Senza dimenticare poi il ventaglio di iniziative legate al web, tra cui: 

ANPAL – Portale dell’Agenzia Nazionale delle Politiche Attive per il Lavoro, si pone come principale obiettivo l’offerta di servizi volti al coordinamento delle politiche del lavoro a favore di persone in cerca di occupazione e dellla ricollocazione di disoccupati e lavoratori precari; 

ClicLavoro – Portale del Ministero del Lavoro dedicato all’incontro tra domanda e offerta, alle opportunità per cittadini e imprese e all’attualità del mondo del lavoro; 

Eures – Portale europeo della mobilità del lavoro dedicato in particolar modo a quanti sono in cerca di orientamento sul lavoro all’estero, domande e offerte di lavoro, opportunità formative transazionali;

Europass – Sito web che si propone in particolare di offrire ai naviganti strumenti e risorse utili ad accedere a opportunità di formazione e lavoro in Europa (Cv europeo, formazione all’estero, riconoscimento dei titoli di studio). 

Capire dove cercare è importante, ma altrettanto fondamentale è anche conoscere gli strumenti attraverso cui inserirsi nel mercato del lavoro: in questa sezione, troverai quindi tutte le informazioni utili su tirocini formativi, stage, alternanza scuola-lavoro e le altre opportunità pensate per favorire l’incontro tra giovani e occupazione. 

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