Proroga scadenza Lipe quarto trimestre 2018 al 10 aprile 2019
Proroga al 10 aprile 2019 della scadenza per l’invio delle Lipe, la comunicazione delle liquidazioni IVA trimestrali, riferite al quarto trimestre del 2018. La novità nel decreto che ufficializza il rinvio delle scadenze del 28 febbraio.
Proroga anche per le Lipe del quarto trimestre 2018, con la scadenza del 28 febbraio rinviata in via ufficiale al 10 aprile 2019.
È questa la vera novità contenuta nel testo del DPCM contenente la proroga di spesometro ed esterometro, resa nota soltanto nella giornata di ieri e ad un solo giorno dal termine ordinario di scadenza dell’ultima comunicazione delle liquidazioni IVA trimestrali.
Il decreto, annunciato prima dalla stampa specializzata e poi da un comunicato stampa del MEF pubblicato nella serata del 27 febbraio (per il quale è ancora attesa la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), prevede due novità rispetto a quanto anticipato dai Sottosegretari al MEF Bitonci e Villarosa nelle ultime settimane.
La prima è la proroga del termine per l’invio delle Lipe periodiche al 10 aprile 2019, la seconda è il rinvio al 16 maggio (con maggiorazione dello 0,40% mensile) del versamento IVA per gli e-commerce, per i quali è stata anche prevista un’ulteriore proroga dell’esterometro di marzo ed aprile al 31 maggio 2019.
Proroga scadenza Lipe quarto trimestre 2018 al 10 aprile 2019
È l’articolo 2 del DPCM messo a disposizione nella giornata di ieri, in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, a disporre la proroga della scadenza per l’invio delle Lipe del quarto trimestre 2018.
Il termine fissato in via ordinaria al 28 febbraio 2019 slitta al 10 aprile 2019. Testualmente, il decreto atteso per rendere ufficiale la proroga dello spesometro e dell’esterometro stabilisce quanto segue:
“Le comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche dell’imposta sul valore aggiunto, di cui all’articolo 21-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, relative al quarto trimestre 2018 sono trasmesse entro il 10 aprile 2019”
Una proroga a sorpresa per contribuenti ed intermediari. Nelle giornate che hanno preceduto la pubblicazione del decreto era stato annunciato che per la comunicazione dei dati delle liquidazioni IVA trimestrali la scadenza non sarebbe stata rinviata.
Conseguenza della tardiva pubblicazione del DPCM e del un comunicato del MEF, accanto alla mancata anticipazione del suo contenuto, è che nella realtà saranno in pochi a beneficiare della proroga della scadenza dal 28 febbraio al 10 aprile.
Un fatto che alimenta il malcontento di imprese e professionisti contro l’operato dell’attuale Esecutivo che, nonostante le dichiarazioni d’intento, prosegue nell’adozione di prassi tutt’altro che rispettose nei confronti dei contribuenti.
Proroga Lipe, spesometro ed esterometro: le nuove scadenze
È utile riepilogare quelle che sono le nuove scadenze da rispettare per l’invio delle Lipe, dello spesometro e dell’esterometro, a seguito della proroga disposta dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e del MEF:
Adempimento | Scadenza originaria | Scadenza post-proroga |
---|---|---|
Spesometro secondo semestre 2018 | 28 febbraio 2019 | 30 aprile 2019 |
Esterometro gennaio 2019 | 28 febbraio 2019 | 30 aprile 2019 |
Esterometro febbraio 2019 | 1° aprile 2019 (il 31 marzo è domenica) | 30 aprile 2019 |
Lipe quarto trimestre 2018 | 28 febbraio 2019 | 10 aprile 2019 |
Il DPCM predisposto su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze è ora atteso per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e, di fatto, l’ufficialità vera e propria della proroga arriverà soltanto post-scadenza.
- Pubblicato il Fisco, Imprenditoria
Trasmissione corrispettivi: aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo
Trasmissione telematica corrispettivi, obbligo di aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo 2019. A darne notizia è l’avviso pubblicato dall’Agenzia delle Entrate il 13 febbraio.
Trasmissione telematica corrispettivi con obbligo di aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo 2019.
A darne notizia è l’Agenzia delle Entrate che con l’avviso pubblicato il 13 febbraio sul portale dedicato alla fatturazione elettronica e ai corrispettivi telematici fornisce le istruzioni sull’aggiornamento per registratori telematici, server RT e distributori mobili certificati per i distributori automatici.
Entro il 31 marzo 2019 sarà necessario rinnovare la Certification Authorityper garantire la sicurezza della connessione TLS con il server di produzione.
Nel caso di mancato aggiornamento della configurazione non sarà possibile effettuare connessioni al sistema dei corrispettivi attraverso le interfacce applicative (api rest).
Trasmissione corrispettivi: aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo
L’obbligo di aggiornamento della configurazione entro il 31 marzo 2019 riguarderà tutti i dispositivi che colloquiano con il sistema dei corrispettivi telematici dell’Agenzia delle Entrate e tutti i sistemi proprietari che utilizzano le interfacce applicative gestionali.
Registratori telematici, server RT o dispositivi mobili certificati per i distributori automatici e gli altri sistemi idonei alla trasmissione telematica dei corrispettivi dovranno essere aggiornati con la nuova CA (Certification Authority) utilizzata dal sistema per garantire la sicurezza della connessione TLS con il server di produzione.
Come comunicato dall’Agenzia delle Entrate con l’avviso del 13 febbraio, la CA rinnovata per la connessione sicura è la “CA Entrate”.
Quindi per garantire la continuità del servizio al momento della sostituzione del certificato server è necessario configurare il file “CAAgenziadelleEntrate.cer” insieme al vecchio file “CAEntrate.cer”, aggiungendolo nel truststore del sistema (e.g. application server, webserver, ecc.) che effettua la chiamata all’interfaccia applicativa (api rest) di interesse.
Trasmissione telematica corrispettivi: le istruzioni per l’aggiornamento
L’aggiornamento della configurazione con la nuova CA dovrà essere eseguita sia sui sistemi che si interfacciano con i servizi dispositivi dell’Allegato Api REST Dispositivi, sia sui sistemi proprietari che si interfacciano con i servizi gestionali dell’Allegato Api REST Gestionali.
Per scaricare il file necessario per la sostituzione del certificato “CAAgenziadelleEntrate.cer” bisognerà seguire le seguenti istruzioni:
- accedere al sito web Fatture&Corrispettivi;
- accedere alla sezione dedicata ai certificati;
- scaricare la nuova versione del file “CAServizioAECorrispettiviIVA.zip” recuperare, fra i file presenti, quello di interesse “CAAgenziadelleEntrate.cer”;
- configurare il certificato nel truststore del sistema (e.g. application server, webserver, ecc.) che effettua la chiamata all’interfaccia applicativa (api rest) di interesse, senza eliminare quello vecchio “CAEntrate.cer”.
Il mancato aggiornamento della configurazione descritta entro il 31 marzo 2019 comporterà l’impossibilità di effettuare connessioni al sistema dei corrispettivi attraverso le interfacce applicative.
Si allega di seguito il comunicato dell’Agenzia delle Entrate sul rinnovo della CA:

Agenzia delle Entrate – comunicato del 13 febbraio 2019Sistema dei corrispettivi – Rinnovo della CA per la connessione TLS con il server di produzione
- Pubblicato il Fisco, Giovani, Imprenditoria
Flat tax al 15% per le famiglie, Ires al 20% nel 2020. Coperture da taglio detrazioni
Flat tax al 15% per le famiglie con redditi fino a 50.000 euro nel 2020, giù Ires al 20%. Sarà anche dal taglio del bonus Renzi e delle detrazioni che il Governo Lega-M5S proseguirà la propria riforma fiscale.
Flat tax al 15% per le famiglie con redditi fino a 50.000 euro e riduzione dell’Ires al 20% per le imprese: sono queste due delle novità che prenderanno corpo nella Legge di Bilancio 2020annunciate dal Sottosegretario Armando Siri della Lega.
Le coperture necessarie per l’avvio della riforma Irpef arriveranno anche dal taglio delle detrazioni fiscali, con l’ormai perenne incognita del destino del bonus Renzi. L’obiettivo è sempre quello di abbassare le tasse a famiglie ed imprese, ma il problema principale resta quello delle risorse.
Per l’avvio della flat tax del 15% per le famiglie, così come per la riduzione dell’Ires per le imprese, serviranno circa 20 miliardi di euro. Il Governo punta su una maggiore flessibilità da parte dell’Europa ma, al contempo, anche sulla lotta agli sprechi e alla riforma delle tax expenditures.
Tra le agevolazioni fiscali a rischio è il bonus di 80 euro introdotto da Renzi quello più a rischio, visto che da solo comporta una spesa per lo Stato di circa 9 miliardi l’anno. Per Armando Siri, intervistato dal Sole24Ore, vi sarà una riformulazione delle detrazioni e dei bonus fiscali ad oggi esistenti, con l’“obiettivo sempre di abbassare le tasse”.
Flat tax al 15% per le famiglie, Ires al 20% nel 2020. Coperture da taglio detrazioni
Ad anticipare i contenuti della prossima Legge di Bilancio 2020 sul fronte delle misure fiscali è il Sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri, in un’intervista pubblicata dal Sole24Ore di oggi.
Saranno due le novità, sia per le famiglie che per le imprese.
La più attesa è la flat tax per le famiglie, che rivoluzionerà l’attuale sistema di tassazione Irpef, strutturato in cinque aliquote, dal 23% al 43%, applicate a cinque scaglioni di reddito.
Per i nuclei familiari con redditi fino a 50.000 euro sarà introdotta una flat tax del 15%, un sistema di tassazione nuovo e parallelo rispetto all’Irpef, dichiara Siri.
La vera novità non sarà la flat tax del 15%, ma il sistema di tassazione che non si applicherà più al singolo contribuente ma all’intero nucleo familiare. Per i soggetti che rientreranno nel nuovo sistema verranno meno le detrazioni, le deduzioni fiscali e i bonus Irpef ad oggi previsti; al loro posto verranno introdotte delle deduzioni fisse calcolate in base al reddito e alla composizione del nucleo familiare.
Per spiegare cosa cambia è lo stesso Sottosegretario leghista, braccio destro di Salvini ed ideologo della flat tax, a fornire alcuni esempi nell’intervista pubblicata dal Sole24Ore:
“In una famiglia monoreddito di 4 persone con reddito di 33.000 euro si applicherebbe una deduzione solo per il secondo figlio di 1.200 euro. Il risparmio per loro sarebbe di 1.500 euro. Mentre marito, moglie e un figlio con un reddito di 18.000 euro risparmierebbero il 30% di tasse. Insomma il valore delle deduzioni sarà inversamente proporzionale al reddito”.
Non cambierà nulla invece per i contribuenti con redditi di importo superiore ai 50.000 euro, per i quali il sistema di tassazione resterà quello ordinario Irpef.
Riduzione aliquota Ires al 20%, via il taglio per chi investe e assume
Non solo Irpef. Tra i piani del Governo vi è anche quello di portare l’aliquota Ires dal 24% al 20% per le imprese a partire dal 2020.
Anche in questo caso, per reperire le coperture, sarà necessario procedere con una revisione delle agevolazioni ad oggi esistenti e tra le prime a rischio abolizione vi è la mini-Ires introdotta proprio dall’attuale Governo per le imprese che investono o che effettuano nuove assunzioni.
Si ricorda che l’agevolazione Ires per i nuovi investimenti prevede, a partire dal 1° gennaio 2019, la riduzione dell’aliquota dell’imposta dal 24% al 15%, una flat tax “condizionata”.
Flat tax, servono 20 miliardi. Flessibilità UE ma anche taglio a bonus e detrazioni
Sono pari a 20 i miliardi di euro necessari al Governo per l’introduzione della flat tax al 15% per le famiglie e per la riduzione dell’Ires per le società.
Una somma considerevole già di per sé, che si unisce poi agli oltre 20 miliardi di euro che la Legge di Bilancio 2020 dovrà reperire per evitare che dal prossimo anno inizino ad aumentare le aliquote IVA.
Un problema per il quale, secondo quanto dichiarato dal Sottosegretario Armando Siri, il Governo ha in mente due diverse soluzioni: la prima è la richiesta di maggiore flessibilità all’Europa, per un periodo che va dai 3 ai 5 anni, la seconda è la lotta agli sprechi e la revisione di detrazioni, bonus e agevolazioni fiscali ad oggi esistenti.
Ancora una volta è il taglio delle tax expenditures la leva sulla quale il Governo intende puntare, con il rischio che la riforma Irpef (che avvantaggerà soltanto i contribuenti con redditi non superiori a 50.000 euro lordi) finisca col portare all’aumento delle tasse per le fasce di contribuenti che resteranno nel sistema di tassazione Irpef.
- Pubblicato il Fisco
Quanto prenderò di pensione: come calcolarlo partendo dall’ultimo stipendio
Il tasso di sostituzione è un fattore determinante per farsi un’idea di quanto si prenderà di pensione: ecco la tabella della Ragioneria generale dello Stato con tutti i valori di riferimento per chi andrà in pensione nei prossimi anni.
L’importo della pensione futura dipende da diversi fattori: il più importante riguarda il sistema di calcolo applicato in base al periodo in cui i contributi sono stati maturati, con il retributivo prima del 1996 (e in alcuni casi anche dopo) e il contributivo successivamente.
In ogni caso, una volta che andrete in pensione molto probabilmente andrete a percepire meno rispetto all’ultimo stipendio. Come noto, infatti, la pensione è più bassa dell’ultimo stipendio: per capire di quanto bisogna fare riferimento al tasso di sostituzione, ossia al rapporto in percentuale che c’è tra il primo assegno previdenziale e l’ultimo stipendio (o reddito) percepito prima di andare in pensione.
Capire qual è il tasso di sostituzione nel proprio caso è utile per farsi un’idea di quanto si prenderà di pensione e se conviene, visto l’importo molto basso dell’assegno previdenziale, investire in una pensione integrativa.
Vediamo quindi qual è la differenza tra stipendio e pensione analizzando il tasso di sostituzione, così da capire come calcolare l’importo della pensione futura e capire se lo stesso tenore di vita goduto durante la vita lavorativa si potrà mantenere una volta in pensione.
Quanto prenderò di pensione: tasso di sostituzione sempre più basso
Vi anticipiamo che con l’avanzare degli anni la differenza tra ultimo stipendio e pensione si fa sempre più ampia, con il tasso di sostituzione che progressivamente si riduce. La causa è da attribuire alle ultime riforme delle pensioni, soprattutto quelle approvate da Dini e dalla Fornero rispettivamente nel 1995 e nel 2001.
Il motivo principale sta nel passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo per il calcolo della pensione, con quest’ultimo che garantisce un tasso di sostituzione più basso rispetto al precedente. Ad oggi ci sono ancora molti lavoratori che hanno una parte di pensione calcolata con il retributivo e un’altra con il contributivo (sistema misto), ma più si andrà avanti e maggiore sarà la parte calcolata con quest’ultimo.
A pagare principalmente questo passaggio sono specialmente i nati a partire dagli anni ‘80, i quali percepiranno una pensione calcolata esclusivamente con il sistema contributivo, nel quale si tiene conto dell’ammontare effettivo dei contributi maturati nel corso della carriera (qui un approfondimento), penalizzando così coloro che hanno avuto attività lavorative discontinue e non hanno percepito stipendi particolarmente elevati.
Per garantirsi una pensione futura sarebbe una buona soluzione ricorrere ad una pensione integrativa, e d’altronde questa era la previsione: tuttavia, ancora oggi quello che viene definito come secondo pilastro della pensione stenta a decollare, tant’è che solo 8,3 milioni di italiani (un terzo della forza lavoro) vi ha aderito.
Tasso di sostituzione: l’andamento nel tempo (Tabella)
Con il sistema retributivo (qui una guida completa) il tasso sostitutivo della pensione era molto alto, tanto da arrivare anche all’80% nel caso in cui il lavoratore vantasse 40 anni di contributi. In tal caso, quindi, una volta in pensione questo dovrebbe rinunciare appena al 20% dell’ultima retribuzione, percependo una pensione piuttosto elevata.
Questo valeva prima dell’approvazione della Riforma Dini, quando l’aliquota di rendimento era del 2% per ogni anno di contribuzione; quindi, una persona con 30 anni di carriera riusciva a percepire il 60% dell’ultimo stipendio, mentre con 40 anni di lavoro persino dell’80%.
Nonostante rappresentasse il miglior sistema di calcolo della pensione, lato cittadino, il retributivo era troppo oneroso per le casse dello Stato. Per far fronte ad una spesa previdenziale non più sostenibile è stato così introdotto il sistema contributivo con il quale l’importo della pensione dipende da tre diversi fattori: contributi effettivamente versati, età del pensionamento (più si ritarda l’accesso alla pensione e più alto sarà l’assegno) e l’andamento del PIL.
Con l’introduzione del contributivo – che come abbiamo visto in precedenza premia chi ha avuto carriere lavorative continue e ben pagate, caratteristica non particolarmente frequente al giorno d’oggi – il tasso sostitutivo della pensione si è man mano ridotto.
Per capire di quanto possiamo fare riferimento ad una tabella realizzata dalla Ragioneria generale dello Stato nella quale sono indicati i tassi di sostituzione in base agli anni di contributi e alla data di pensionamento, sia per i lavoratori subordinati (primo valore) che per gli autonomi (secondo valore).
Una tabella utile per capire quanto si prenderà di pensione, visto che basterà moltiplicare il tasso di riferimento per quello che si stima essere l’ultimo stipendio per farsi un’idea di quanto ammonterà l’assegno. Come potete vedere dalla tabella successiva il tasso di sostituzione è più penalizzante per gli autonomi: questo perché nel loro caso l’aliquota di computo (ossia la percentuale del reddito annuo prodotto che viene destinata alla pensione) è più bassa rispetto a quella dei subordinati, ossia il 24% rispetto al 33%.
Prima di vedere la tabella, utile per farvi un’idea di quanto prenderete di pensione, è bene sottolineare che questa è stata realizzata ipotizzando un tasso medio di crescita del PIL pari all’1,5%; una stima che, sulla base degli ultimi rilevamenti, potrebbe essere persino troppo ottimistica. Ecco perché i tassi di sostituzione che trovate di seguito potrebbero essere più alti rispetto a quelli che effettivamente si concretizzeranno.
Anno di pensionamento | 36 anni di contributi | 38 anni di contributi | 40 anni di contributi | 42 anni di contributi |
2010 | 70,2% – 69,2% | 74,1% – 73% | 77,9% – 76,8% | 77,9% – 76,8% |
2015 | 68,7% – 54,4% | 75,3%- 72,8% | 79,3% – 76,7% | 77,9% – 76,8% |
2020 | 64,2% – 48,3% | 68% – 52,10% | 71,9% – 55,8% | 75,7% – 59,6% |
2025 | 64% – 45,7% | 67,8% – 49,9% | 71,7% – 53,1% | 75,5% – 56,8% |
2030 | 63,9% – 43,2% | 67,7% – 46,9% | 71,5% – 50,6% | 75,4% – 54,4% |
2035 | 58,1% – 43,7% | 61,5% – 46% | 65% – 48,3% | 75,5% – 52,1% |
2040 | 58,8% – 45,3% | 61,9% – 47,5% | 65,1% – 49,6% | 68,5% – 51,9% |
2045 | 59,6% – 47,1% | 62,7% – 49,2% | 65,9% – 51,3% | 69,1% – 53,4% |
2050 | 60,4% – 48,5% | 63,7% – 50,9% | 66.9% – 53,1% | 70% – 55,3% |
2055 | 60,6% – 48,8% | 64,1% – 51,7% | 67,6% – 54,4% | 71% – 57% |
2060 | 60,6% – 48,9% | 64,2% – 51,8% | 67,8% – 54,6% | 71,3% – 57,5% |
- Pubblicato il Fisco
Certificazione Unica 2019: scadenza lavoratori dipendenti ed autonomi
Certificazione unica 2019: prima scadenza questa settimana, poi appuntamento con la consegna al percipiente. Più tempo per le certificazioni uniche degli autonomi.
Certificazione unica (ex modello cud) 2019: in questo articolo proviamo a fornire ai nostri lettori una guida sintetica ma completa sulla certificazione unica, con particolare riferimento alla scadenza, alle istruzioni ed alle relative scadenze per lavoratori dipendenti ed autonomi.
La certificazione unica (CU) è il documento fiscale che i sostituti d’imposta devono produrre per certificare i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi.
La Certificazione Unica deve essere rilasciata al lavoratore dipendente o autonomo percipiente – percettore delle somme -, utilizzando il modello sintetico e trasmessa all’Agenzia delle Entrate, utilizzando il modello ordinario entro il 7 marzo, in via telematica.
Quest’anno il 31 marzo cade di domenica; di conseguenza per quest’anno la data di scadenza della consegna delle certificazioni uniche da parte del datore di lavoro è il prossimo 1° aprile 2019.
La trasmissione in via telematica delle certificazioni uniche dei compensi degli autonomi, non interessati dal modello 730 precompilato, potrà essere predisposta entro la scadenza prevista per il modello 770/2019 ovvero prossimo il 31 ottobre.
Scadenza certificazione Unica 2019 dipendenti e autonomi: scadenza e sanzioni diverse
Anche per il periodo d’imposta 2018, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che rimane valida la differenza tra scadenza e sanzioni delle due diverse configurazioni di certificazione unica:
- certificazione unica 2019 dipendenti;
- certificazione unica 2019 autonomi.
Per la certificazione unica 2019 dipendenti, il termine di scadenza per l’invio telematico del 7 marzo 2019 deve considerarsi perentorio.
Ciò in quanto i dati contenuti nella certificazione unica 2019 devono confluire nel modello 730 precompilato entro i termini previsti dalla normativa fiscale.
Per la scadenza delle certificazioni uniche 2019 autonomi, invece, il termine di scadenza del 7 marzo – quest’anno, così come negli anni scorsi – non è perentorio, salvo che queste certificazioni non dovessero poi confluire nel modello 730/2019 precompilato.
Di conseguenza, per le certificazioni uniche 2019 autonomi l’invio telematico potrà essere effettuato – senza l’aggravio di sanzioni– entro la data di scadenza prevista per il modello 770/2019 ovvero il prossimo 31 ottobre.
A questo proposito non possiamo non segnalare come questo rappresenti un’evidente anomalia legislativa, tra l’altro confermata anche dal comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate di due anni fa. Perché parliamo di anomalia? Perché ogni anno sentiamo parlare di “proroga” della certificazione unica cu autonomi: ma non si tratta di una proroga bensì di una sorta di “termine di tolleranza” durante il quale l’Agenzia delle Entrate non applica le sanzioni previste per i dipendenti.
Chi deve ricevere la certificazione unica 2019 ex CUD e perché?
La certificazione unica ex CUD viene quindi emessa e inviata dal soggetto che ha effettuato il pagamento. Ovviamente si tratta del datore di lavoro (sostituto d’imposta) nel caso dei lavoratori dipendenti (sostituiti). Sono quindi i lavoratori dipendenti a dover ricevere la certificazione unica. Per quale motivo?
Per i lavoratori dipendenti la certificazione unica ex CUD è fondamentale perché attesta il regolare versamento delle ritenute fiscali e previdenziali da parte del datore di lavoro; la certificazione unica ex CUD assume particolare importanza anche perché i relativi dati sono fondamentali per la compilazione del modello 730 ordinario o precompilato che sia.
In altre parole, con la certificazione unica ex CUD l’Agenzia delle Entrate può disporre di tutti i dati relativi ai redditi da lavoro dipendente che verranno inseriti nel modello 730 precompilato del lavoratore.
Scadenza certificazione unica 2019: cosa succede se il datore di lavoro non consegna la certificazione unica al lavoratore?
La scadenza della certificazione unica ex CUD è il 31 marzo di ogni anno (era il 28 febbraio fino al 2016). Quest’anno il 31 marzo cade di domenica, quindi la scadenza slitta al successivo lunedì 1° aprile 2019.
Entro tale data datore di lavoro e azienda devono consegnare la certificazione unica ai lavoratori dipendenti e autonomi.
Il datore di lavoro può consegnare la certificazione unica ex CUD al lavoratore in due diverse modalità:
- in forma cartacea;
- via mail.
La certificazione unica ex CUD cartacea si compone di due fogli:
- nel primo foglio sono riportati tutti i dati anagrafici di chi ha percepito il reddito, oltre alla firma da parte del datore di lavoro;
- nel secondo foglio sono riportati i dati fiscali tipici della certificazione unica ovvero i redditi erogati e le detrazioni effettuate, distinte per tipologia.
La certificazione unica ex CUD può essere inviata via mail esclusivamente a condizione che il datore di lavoro abbia la certezza che il lavoratore dipendente sia in condizione di ricevere la mail e stamparne il contenuto.
I lavoratori dipendenti e autonomi devono conservare la certificazione unica ex CUD in vista della successiva compilazione della dichiarazione dei redditi (modello 730 per i lavoratori dipendenti o modello UNICO per i lavoratori autonomi).
Ove il contribuente si accorga che i dati riportati nella certificazione unica ex CUD non sono corretti deve darne tempestiva comunicazione al datore di lavoro/committente che ha emesso il documento, al fine di farne comunicare la correzione all’Agenzia delle Entrate.
Allo stesso modo il lavoratore dipendente deve segnalare all’Agenzia delle Entrate l’eventuale scorrettezza del datore di lavoro inadempiente, soprattutto in caso di mancata consegna della certificazione unica ex CUD nei tempi e con le modalità previste. L’Agenzia delle Entrate deve, infatti, sanzionare tale comportamento.
Certificazione Unica ex CUD: sanzioni per l’azienda/datore di lavoro
La certificazione unica ex CUD è soggetta alle sanzioni previste dal nuovo sistema sanzionatorio di cui al combinato disposto della Legge di Stabilità 2016, del Decreto Legislativo 158/2015 e del Decreto Legislativo 151/2015 (meglio noto come “decreto semplificazioni“).
Sanzioni certificazione unica ex CUD per il datore di lavoro in caso di errori, ritardo od omissioni
Sanzioni certificazione unica ex CUD: cosa rischia il datore di lavoro?
Recentemente, il combinato disposto della Legge di Stabilità 2016, del Decreto Legislativo 158/2015 e del Decreto Legislativo 151/2015 ha fortemente riformato il sistema delle sanzioni previste a carico del datore di lavoro in caso di ritardo, omissione ed errori nella redazione ed invio telematico della certificazione unica ex CUD.
Ecco un’utile tabella riassuntiva con le sanzioni attualmente previste in caso di ritardo, errori ed omissioni in materia di certificazione unica ex CUD:
Fattispecie | Sanzioni previste |
---|---|
Certificazione Unica omessa, tardiva o errata | 100 euro per singola certificazione con limite massimo di 50.000 euro per anno e sostituto d’imposta |
Certificazione Unica errata trasmessa entro il 7 marzo 2019, poi corretta e nuovamente trasmessa entro 5 giorni | nessuna sanzione |
Certificazione Unica errata trasmessa entro il 7 marzo 2019, poi corretta e nuovamente trasmessa entro 60 giorni | 33,33 euro per singola certificazione con limite massimo di 20.000 euro per anno e sostituto d’imposta |
Di conseguenza, per ogni certificazione omessa, tardiva o errata è prevista l’applicazione di una sanzione pari a 100 euro per singolo adempimento con il limite massimo di 50.000 euro e sostituto d’imposta per il periodo d’imposta 2018.
Se, invece, viene trasmessa una certificazione unica errata, poi corretta e nuovamente trasmessa entro 5 giorni non si incorre in nessuna sanzione.
Nel caso in cui, infine, si trasmetta una certificazione unica errata, poi corretta e nuovamente trasmessa entro 60 giorni si incorrerà nelle sanzioni ridotte di 1/3 e quindi pari ad euro 33,33. In quest’ultimo caso cambiano anche i limiti massimi di applicazione delle sanzioni, che scendono a 20.000 euro per periodo d’imposta e sostituto.
- Pubblicato il Fisco
Pensioni, “Quota 100 funziona”: il Movimento 5 Stelle annuncia Quota 41
Riforma delle pensioni: Lega e Movimento 5 Stelle si “congratulano” con Quota 100 per le 50.000 richieste raggiunte. Insieme ad Opzione Donna è il primo passo per superare la Fornero, il prossimo verrà fatto con Quota 41 per tutti.
Mentre all’interno del Governo si discute sulla riforma delle pensioni, con la valutazione dei tanti emendamenti presentati al decreto 4/2019 per la conversione in legge, da parte del Movimento 5 Stelle c’è stato il plauso a Quota 100, la nuova misura per il pensionamento anticipato in vigore dal 2019.
Tramite un post pubblicato sulla pagina ufficiale Facebook il Movimento 5 Stelle ha celebrato il raggiungimento delle prime 50.000 richieste per l’accesso alla pensione con Quota 100 con un post dedicato con tanto di didascalia a spiegare i prossimi obiettivi da raggiungere con la riforma delle pensioni targata Governo giallo-verde.
Oltre al Movimento 5 Stelle anche Matteo Salvini ha festeggiato il successo che sta ottenendo Quota 100 in queste prime settimane dal suo avvio, preferendo però Twitter al social network di Zuckerberg; nel dettaglio, il leader della Lega si è detto entusiasta per il risultato raggiunto dalla riforma delle pensioni, non dimenticando però di tirare la solita “frecciata” alla Fornero.
In poche settimane dal suo avvio, quindi, Quota 100 ha già raggiunto il risultato straordinario di 50.000 richieste; tra queste, poco più di 17.000 sono le istanze presentate dai dipendenti pubblici.
Come previsto, la maggior parte di coloro che hanno presentato la richiesta per l’accesso anticipato alla pensione con Quota 100 sono uomini: si contano infatti più di 38.000 istanze, il 76% del totale. Tra le province dove questa misura ha raccolto il maggior numero di consensi spicca Roma: qui sono state 3.875 le istanze presentate. Seguono Napoli (2.393), Milano (1.895) e Palermo (1.499). Per quanto riguarda l’invio della domanda per andare in pensione con Quota 100 la maggior parte degli interessati – l’88% – ha deciso di rivolgersi ad un patronato.
Il risultato raggiunto – a venti giorni dal suo avvio – conferma quindi che Quota 100 piace agli italiani. Certo, i più scettici potrebbero rilanciare dicendo che non c’erano dubbi sul funzionamento di Quota 100, semmai sulla sua sostenibilità: solamente tra qualche anno, infatti, sapremo se la spesa previdenziale (e assistenziale vista l’introduzione del reddito di cittadinanza) sono ancora sostenibili per le casse dello Stato.
Riforma delle pensioni: la “ricetta” del Movimento 5 Stelle
Da parte del Movimento 5 Stelle c’è molta soddisfazione per il risultato ottenuto da Quota 100, definita come uno dei punti più importanti del programma del Governo grazie al quale sarà possibile liberare molti posti di lavoro dando via a nuove assunzioni.
Sulla pagina Facebook del Movimento 5 Stelle poi si torna a parlare della Legge Fornero, con Quota 100 e Opzione Donna che sono il “primo passo per superarla”.
Con l’hashtag #SeLoDiciamoLoFacciamo, inoltre, il Movimento 5 Stelle ha indicato la strada che la riforma delle pensioni dovrà seguire a breve. Non si tratta certamente di una novità visto che in questi giorni non si è parlato d’altro: il prossimo passo, infatti, sarà Quota 41 per tutti, vero e proprio obiettivo del Governo giallo-verde.
A tal proposito Matteo Salvini ha dichiarato che già dal prossimo anno verrà data la possibilità a tutti i lavoratori di accedere alla pensione, indipendentemente dall’età, con 41 anni di contributi (oggi il requisito è di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e di 41 anni e 10 mesi per le donne).
In realtà è più probabile che l’estensione di Quota 41, semmai ci sarà, proceda per gradi: inizialmente, infatti, questa possibilità dovrebbe essere riconosciuta solamente ai lavoratori precoci, ossia a coloro che hanno maturato 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni. Ricordiamo che oggi Quota 41 è riservata sì ai precoci, ma solo a coloro che fanno parte delle categorie svantaggiate (disoccupati, invalidi, caregiver e usuranti).
Obiettivo condiviso da Lega e Movimento 5 Stelle, quindi, è di abbassare di qualche anno il requisito contributivo per accedere alla pensione anticipata: solo allora la Legge Fornero potrà dirsi effettivamente superata, ma nel frattempo – ci tengono a far sapere le forze politiche della maggioranza – “siamo già a buon punto”.
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Studio professionale associato: è legittimo l’accertamento in capo al singolo professionista
È legittimo l’accertamento sui singoli associati dello studio professionale. Il giudice dovrà esaminare tutti gli indizi di cui dispone per stabilire se la pretesa dell’Agenzia delle Entrate sia legittima. A stabilirlo è l’Ordinanza della Cassazione n. 7109.
Con l’Ordinanza n. 7109 depositata il 13 marzo 2019 la Corte di Cassazione ha stabilito che, dopo l’accertamento analitico-induttivoin capo allo studio professionale associato, è legittimo l’accertamento di maggiori redditi da lavoro autonomo nei confronti dei singoli associati sulla base della loro quota di partecipazione allo studio.
A riguardo, se l’Amministrazione finanziaria adduce validi elementi indiziari, il giudice ha l’obbligo di esaminare nel loro complesso tutti gli indizi di cui dispone per stabilire se, nel complesso, sia possibile ritenere probabile la maggior pretesa fiscale dell’Ufficio.

Corte di Cassazione – ordinanza n. 7109 del 13 marzo 2019Studio professionale associato: è legittimo l’accertamento in capo al singolo professionista
Il fatto – A seguito di un accertamento analitico induttivo effettuato nei confronti di uno studio professionale associato, composto da tre professionisti, l’Agenzia delle entrate procedeva a notificare l’avviso di accertamento ad uno di essi per la ripresa a tassazione di maggiori redditi da lavoro autonomo presuntivamente determinati in ragione della propria quota di partecipazione allo studio professionale.
Il professionista impugnava l’atto impositivo, con esito positivo sia in primo che in secondo grado.
L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione d’appello lamentando violazione o falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d) del DPR 600/1973.
A parere dell’Ufficio il giudice di merito aveva trascurato di considerare in maniera adeguata gli elementi addotti a fondamento dell’accertamento in ordine alla sussistenza di maggior reddito rispetto a quello dichiarato. Così facendo il giudice non ha fatto una valutazione complessiva di tali elementi al fine di accertarne la gravità, precisione e concordanza.
A parere dei giudici di legittimità le doglianze dell’Amministrazione finanziaria sono fondate sulla base del consolidato principio per cui, in tema di accertamento presuntivo, il giudice di merito ha l’obbligo di esaminare nel loro complesso tutti gli indizi di cui dispone, “senza negare valore ad uno o più di essi sol perché equivoci, così da stabilire se sia comunque possibile ritenere accettabilmente probabile l’esistenza del fatto da provare.”
Nel caso di specie l’Amministrazione finanziaria aveva addotto ben cinque elementi indiziari mentre il giudice ne aveva presi in considerazione soltanto due, limitandosi a escludere la pretesa tributaria in ragione dell’esistenza di accordi, non meglio specificati, che determinavano compensi forfettari in misura inferiore ai minimi tariffari secondo quanto consentito dalla tariffa professionale.
In questo modo il giudice ha omesso sia l’analisi dei singoli elementi indiziari prodotti dall’Ufficio, per verificare se ciascuno di essi potesse effettivamente acquisire in sé rilievo indiziario, sia la loro valutazione complessiva, “onde accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ciascuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento.”
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Codice tributo 6099: istruzioni modello F24
Codice tributo 6099 per il saldo IVA annuale: istruzioni per il versamento del modello F24 in un’unica soluzione oppure a rate.
Scadenza saldo della dichiarazione IVA 2019, periodo d’imposta 2018: occorre versare quindi il relativo modello F24, con il versamento in un’unica soluzione oppure avvalendosi della rateizzazione. In ogni caso il codice tributo da utilizzare è il 6099.
Il codice tributo 6099 è deputato ai versamenti del saldo Iva annuale. Cerchiamo quindi di approfondire cos’è questo codice, insieme alle istruzioni su come fare per compilare il modello F24.
Il codice tributo 6099 deve essere usato sia nel caso di somme a credito che a debito per il saldo Iva. La scadenza per il versamento è fissata al 16 marzo di ogni anno, salvo che – come quest’anno per esempio – il 16 non cada di sabato o domenica.
Ecco le istruzioni per il versamento e scadenze saldo Iva risultante dalla dichiarazione 2019.
Codice tributo 6099: Modello F24 ed istruzioni
Il codice tributo 6099, come ricordato, si riferisce al saldo Iva annuale.
Si ricorda ai lettori che le istruzioni ministeriali per la dichiarazione Iva annuale impongono il versamento per importi superiori ai 10,33 euro.
Il versamento mediante modello F24 dell’importo del codice tributo 6099 può essere versato secondo due modalità differenti:
- in un’unica soluzione
- oppure a rate.
Per il codice tributo 6099 la scadenza da tenere in considerazione è quella del 16 marzo di ogni anno. Entro quella data deve essere effettuato il primo versamento relativo al saldo Iva mediante modello F24 telematico.
Le istruzioni rilasciate dall’Agenzia delle Entrate per il codice tributo 6099 garantiscono anche la possibilità di poter versare l’importo a debito Iva annuale per mezzo di rate.
In questo caso si dovrà calcolare un importo aumentato dello 0,33% mensile per ogni rata successiva alla prima.
Così la prima rata relativa al codice tributo 6099 avrà quindi interesse nullo, la seconda pari allo 0,33%, la terza dello 0,66%, e così via.
Similmente, per chi dovesse pagare l’Iva in data successiva al 16 marzo subirà una maggiorazione pari allo 0,40% per ogni mese o frazione di mese di ritardo. In sostanza il termine potrà essere differito fino alla prima scadenza ordinaria prevista per il versamento delle imposte risultanti dalla dichiarazione dei redditi.
Anche in questo caso si potrà fruire del pagamento del saldo Iva con rate, ma con maggiorazione del 0,40% a cui si aggiungerà lo 0,33% per ogni rata successiva alla prima.
Le istruzioni per il codice tributo 6099 impongono inoltre come l’ultima rata non possa essere versata in ogni caso oltre il 16 novembre.
Il codice tributo 6099 è utilizzabile in compensazione verticale oppure orizzontale qualora dalla dichiarazione IVA emergesse un credito a favore del contribuente:
Codice tributo 6099: come fare per compilare il modello F24
Le istruzioni su come fare per compilare il modello F24 non presentano particolari difficoltà una volta conosciuto l’importo da versare per il saldo Iva annuale.
In primo luogo, la sezione del modello F24 nella quale va indicato il codice 6099 è quella di ‘Erario’. Questa presenta una serie di colonne da compilare: vediamo cos’è che bisogna aggiungere in ciascuna.
Avendo a che fare con il codice tributo 6099, è proprio tale numero che dovrà essere inserito sotto la colonna ‘codice tributo’ del modello F24.
Nella colonna con titolo ‘rateazione/regione/prov/mese rif’ andranno inserite 4 cifre, le prime due indicanti il numero della rata, le seconde le rate totali (per esempio, 0105). Nel caso di pagamento con codice tributo 6099 per importi a credito o in un’unica soluzione va inserito il numero 0101.
Infine nel modello F24 si dovrà segnalare l’anno di imposta (sotto ‘anno di riferimento’) e l’importo, prestando attenzione alla colonna a seconda se si abbia a che fare con crediti o debiti Iva annuale da versare con il codice tributo 6099.
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Riforma pensioni: novità dalla Camera per donne, laureati e disabili
Riforma delle pensioni: tra gli emendamenti presentati alla Camera spiccano quelli in favore delle mamme, dei laureati e dei disabili. Ecco tutte le novità.
Continua l’esame della riforma delle pensioni – decreto legge 4/2019 – presso la Commissione Lavoro alla Camera, al termine del quale potrebbero esserci diversi cambiamenti per Quota 100 e non solo.
Il primo ciclo di audizioni, alle quali hanno preso parte i rappresentanti delle parti sociali e delle istituzioni, è terminato la scorsa settimana e in questi giorni i deputati stanno valutando la fattibilità di alcune proposte. L’obiettivo è principalmente uno: rendere Quota 100 più accessibile per le lavoratrici, visto che in molti si sono lamentati dicendo che questa è una misura per soli uominiin quanto statisticamente le donne hanno maggiore difficoltà nel maturare 38 anni di contributi.
Di ampliare la platea dei beneficiari di Quota 100 ne hanno parlato sindacati e Governo (rappresentato dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon) in un recente incontro, dove i rappresentanti dei lavoratori sono stati rassicurati per il fatto che con il passaggio alla Camera potrebbero essere introdotte delle misure di maggior flessibilità per le donne che vorrebbero accedere a Quota 100 – e non solo – per anticipare la pensione.
Ma non ci sono solamente le novità per le donne a cambiare la riforma delle pensioni: la Lega, infatti, sta puntando all’estensione del riscatto flessibile della laurea, la misura introdotta dal decreto 4/2019 per consentire di riscattare gli anni di Università – ai soli fini contributivi – ad un costo più basso rispetto a quanto previsto dal riscatto tradizionale.
Al momento questa misura è riservata solamente a coloro che non hanno compiuto il 45° anno di età, i quali possono riscattare la laurea e far valere gli anni di Università come contributi utili ai fini del raggiungimento della pensione (ma non per aumentare l’importo dell’assegno) ad un costo appena superiore ai 5.000€ per ogni anno.
Come anticipato anche per i laureati potrebbero esserci novità con il passaggio della riforma delle pensioni alla Camera dei Deputati, così come per i disabili esclusi, al momento, dalla possibilità di richiedere la pensione di cittadinanza; vediamo quali analizzando le ultime notizie sulle pensioni che ci arrivano dalla Commissione Lavoro.
Pensione anticipata donne: bonus per figli e disabili
Specialmente da parte della Lega c’è molto interesse a rendere più flessibile l’accesso alla pensione per le donne. Nel dettaglio, si punta a favorire l’accesso a Quota 100 alle lavoratrici madri, le quali potrebbero aver interrotto la loro carriera per dedicarsi alla famiglia.
A tal proposito, tra gli 800 emendamenti presentati, spicca quello a firma leghista con il quale ad ogni lavoratrice sarà riconosciuto un bonus contributivo di 4 mesi per ogni figlio. Il bonus potrà essere di massimo 12 mesi e potrà essere fatto valere non solo per Quota 100 ma anche per la pensione di vecchiaia anticipata e di vecchiaia.
Lo sconto sarebbe persino rafforzato per le madri con figli disabili.
Ricordiamo comunque che per queste – così come per quelle di cui vi parleremo di seguito – novità bisogna attendere l’approvazione della Commissione, che non è detto ci sarà. Al momento quindi si tratta solamente di voci; alle lavoratrici non resta che incrociare le dita e sperare in un esito positivo dell’iter legislativo.
Come anticipato, il decreto 4/2019, rende flessibile il riscatto della laureaabbattendo il costo (pari a 5.241,30€ per ogni anno) e lasciando la libertà al lavoratore di decidere quanti anni riscattare.
Questa novità permette di maturare più anni di contributi che potrebbero essere utili ai fini del raggiungimento del diritto alla pensione; parimenti, però, i contributi riscattati non contribuiscono ad aumentare il montante contributivo, rendendo così inalterato l’importo dell’assegno previdenziale.
Ad oggi nel decreto 4/2019 con il quale sono state riformate le pensioni questa possibilità è riservata ai soli Under 45, ossia a coloro che al momento del riscatto non hanno ancora compiuto il 45° anno di età. Ebbene, da parte della Lega c’è l’intenzione di estendere questa misura a tutti i laureati, eliminando quindi qualsiasi vincolo di età.
In ogni caso, anche se l’emendamento dovesse essere approvato, il riscatto flessibile sarebbe comunque riservato ai periodi successivi al 31 dicembre del 1995, da valorizzare con il sistema contributivo per il calcolo della pensione.
Pensione di cittadinanza anche ai disabili
In molti ricorderanno le polemiche della Lega, a pochi giorni dall’approvazione del decreto 4/2019, per il fatto che nella parte riservata al reddito e alla pensione di cittadinanza non ci fossero misure riservate ai disabili.
A tal proposito, tra gli emendamenti presentati alla Commissione Lavoro ce ne sono alcuni che puntano ad una maggiore attenzione nella distribuzione del reddito e della pensione di cittadinanza, riconoscendo delle misure ad hoc in favore dei disabili.
- Pubblicato il Fisco, Previdenziale
Bonus casa 2019, al via la comunicazione ENEA per ecobonus e ristrutturazioni
Bonus casa 2019, sono online i siti ENEA per effettuare la comunicazione per l’ecobonus e le ristrutturazioni i cui lavori si sono conclusi dal 1° gennaio in poi. I 90 giorni per l’invio decorrono dall’11 marzo per gli interventi già completati.
Bonus casa 2019, parte la comunicazione dei lavori conclusi dal 1° gennaio finalizzata all’accesso alle detrazioni fiscali per il risparmio energetico, ecobonus e ristrutturazioni.
A partire dalla data di pubblicazione del sito ENEA per l’invio dei dati si avranno a disposizione 90 giorni di tempoche, per i lavori già conclusi, decorrono dall’11 marzo.
La prima scadenza da rispettare è quindi fissata al mese di giugno, mentre per i lavori conclusi a partire dal 12 marzo in poi sarà necessario considerare i 90 giorni effettivi.
Sono due diversi i siti pubblicati dall’ENEA per la comunicazione di ecobonus e bonus ristrutturazioni, quest’ultimo denominato come bonus casa 2019 ai fini della trasmissione dei dati, e che ricomprende tutte le spese ammesse alla detrazione del 50% che comportano anche un risparmio energetico.
Non solo le ristrutturazioni, ma anche le spese relative all’acquisto di elettrodomestici e che rientrano nel cosiddetto bonus mobili.
Bonus casa 2019, al via la comunicazione ENEA per ecobonus e ristrutturazioni
La comunicazione ENEA per i lavori ammessi al bonus casa 2019 dovrà essere effettuata accedendo ai due diversi portali predisposti rispettivamente per le spese che rientrano nell’ecobonus e per quelle che, invece, rientrano nel bonus ristrutturazioni e mobili.
I due siti ENEA sono stati pubblicati l’11 marzo 2019 e sono raggiungibili ai seguenti indirizzi:
- https://ecobonus2019.enea.it , portale per la comunicazione ENEAfinalizzata alla detrazione delle spese per il risparmio energetico;
- https://bonuscasa2019.enea.it , portale per la detrazione delle spese di ristrutturazione che comportano un risparmio energetico e degli elettrodomestici ammessi al bonus del 50%, comunicazione avviata dal 2018.
Per i lavori la cui data di conclusione decorre dal 1° gennaio 2019 in poi, l’ENEA ha messo a punto anche un portale unico, dal quale oltre a poter trasmettere la comunicazione, è possibile anche consultare e scaricare i relativi documenti di approfondimento, ovvero:
- Elenco degli interventi
- “Guida rapida”
- “Vademecum”
- Risposte alle domande più frequenti (FAQ)
- Guide dell’Agenzia delle Entrate.
Comunicazione ENEA ecobonus e ristrutturazioni 2019: scadenza 90 giorni dall’11 marzo
Come sopra anticipato, la scadenza canonica dei 90 giorni per l’invio della comunicazione ENEA dei lavori conclusi nel 2019 dovrà essere calcolata considerando come data di partenza quella dell’11 marzo.
Così come stabilito anche negli scorsi anni, il termine per l’invio decorre dalla data di messa online del sito per la trasmissione e la prima scadenza da considerare slitta quindi a giugno per tutti coloro che avessero concluso lavori di risparmio energetico dal 1° gennaio 2019 e fino all’11 marzo.
Per agevolare i cittadini inoltre l’ENEA ha predisposto un servizio di consulenza tecnica online. La “finestra per il cittadino” sarà attiva il lunedì (dalle 12.00 alle15.50) e il mercoledì (dalle 10.30 alle 14.00) sulla pagina www.acs.enea.it/contatti e consentirà di trasmettere quesiti e richiedere chiarimenti.
- Pubblicato il Fisco